Maka è una traslitterazione fonetica della parola sanscrita mahā, che significa “grande.” Hannya è una traslitterazione fonetica della parola sanscrita prajñā, che può essere tradotta come “saggezza reale” o “riflessione intuitiva.” Haramitsu è una traslitterazione fonetica della parola sanscrita pāramitā, che letteralmente significa “essere giunti all’altra riva,” cioè aver realizzato la verità. Quindi maka-hannya-haramitsu significa il compimento che è la grande saggezza reale. In questo capitolo, il Maestro Dōgen scrisse la sua interpretazione del Mahā-prajñā-pāramitā-hṛdaya-sūtra. Hṛdaya significa cuore. Questo breve sutra, solitamente chiamato “il Sutra del Cuore,” rappresenta il cuore dei seicento volumi del Mahā-prajñā-pāramitā-sūtra. Sebbene sia molto breve, il Sutra del Cuore contiene il principio più fondamentale del Buddhismo. Qual è il principio più fondamentale? Prajñā. Cos’è prajñā? Prajñā, o saggezza reale, è una sorta di capacità intuitiva che sorge nel nostro corpo e nella nostra mente, quando corpo e mente si trovano in uno stato di equilibrio e armonia. Normalmente pensiamo che la saggezza sia qualcosa basata sull’intelletto, ma i buddhisti credono che la saggezza, su cui si basano le nostre decisioni, non sia intellettuale, ma intuitiva. La decisione corretta nasce da uno stato corretto di corpo e mente, e lo stato corretto di corpo e mente sorge quando corpo e mente sono equilibrati e armonizzati. Dunque mahā-prajñā-pāramitā è la saggezza che abbiamo quando corpo e mente sono in equilibrio e in armonia. E Zazen è la pratica mediante la quale corpo e mente entrano in uno stato di equilibrio e armonia. Mahā-prajñā-pāramitā, allora, è l’essenza dello Zazen. Quando il Bodhisattva Avalokiteśvara pratica la profonda prajñā-pāramitā, l’intero corpo riflette che i cinque aggregati sono totalmente vuoti. I cinque aggregati sono materia, sensazione, pensiero, azione e coscienza. Sono cinque istanze di prajñā. La riflessione è prajñā stessa. Quando questo principio è predicato e realizzato, si dice che la materia è proprio l’immateriale e l’immateriale è proprio materia. La materia è materia, l’immateriale è l’immateriale. Sono centinaia di cose, e miriadi di fenomeni. Dodici istanze di prajñā-pāramitā sono i dodici ingressi [della percezione sensoriale]. Ci sono anche diciotto istanze di prajñā. Sono occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente; forme, suoni, odori, sapori, sensazioni e oggetti; più le coscienze di occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente. Vi sono inoltre quattro istanze di prajñā: sofferenza, accumulazione, cessazione e la Via. Vi sono ulteriori sei istanze di prajñā: dare, pura [osservanza dei] precetti, pazienza, diligenza, meditazione, e prajñā [stessa]. Un’ulteriore istanza di prajñā-pāramitā è realizzata come momento presente. È lo stato di anuttara-samyak-saṃbodhi. Vi sono tre ulteriori istanze di prajñā-pāramitā: passato, presente e futuro. Vi sono sei ulteriori istanze di prajñā: terra, acqua, fuoco, vento, spazio e coscienza. E vi sono ulteriori quattro istanze di prajñā che vengono costantemente praticate nella vita quotidiana: camminare, stare in piedi, sedere e sdraiarsi. Nell’ordine del Tathāgata Śākyamuni vi è un bhikṣu che segretamente pensa: «Mi inchinerò in venerazione della profonda prajñā-pāramitā. Sebbene in questo stato non vi sia apparizione né scomparsa dei veri dharma, vi sono comunque spiegazioni comprensibili di tutti i precetti, di tutti gli stati di equilibrio, di tutti i tipi di saggezza, di tutti i tipi di liberazione, e di tutte le visioni. Vi sono anche spiegazioni comprensibili dell’effetto di chi è entrato nella corrente, dell’effetto di [essere soggetto a] un ritorno, dell’effetto di [non essere soggetto a] ritorno, e dell’effetto dell’arhat. Vi sono anche spiegazioni comprensibili su [coloro che realizzano] il risveglio indipendente, e su [coloro che realizzano] la bodhi. Vi sono anche spiegazioni comprensibili del supremo stato giusto ed equilibrato della bodhi. Vi sono anche spiegazioni comprensibili dei tesori del Buddha, del Dharma e del Saṃgha. Vi sono anche spiegazioni comprensibili del far girare la meravigliosa ruota del Dharma per salvare gli esseri senzienti.» Il Buddha, conoscendo la mente del bhikṣu, gli dice: «Così è. Così è. La profonda prajñā-pāramitā è troppo sottile e fine per poter essere compresa.» La mente concreta che opera segretamente del bhikṣu in questo momento è, nello stato dell’inchinarsi in venerazione dei veri dharma, prajñā stessa—sia [i veri dharma] privi o meno di apparizione e scomparsa—e questo è un inchino venerativo in sé. Proprio in questo momento dell’inchinarsi in venerazione, prajñā si realizza come spiegazioni comprensibili: [spiegazioni] dai precetti, l’equilibrio e la saggezza, fino al salvare gli esseri senzienti, e così via. Questo stato è descritto come essere senza. Le spiegazioni dello stato di essere senza possono quindi essere comprese. Tale è la profonda, sottile, insondabile prajñā-pāramitā. Il dio Indra chiede al venerabile monaco Subhuti: «O Virtuoso! Quando i bodhisattva-mahāsattva desiderano indagare la profonda prajñā-pāramitā, come dovrebbero indagarla?» Subhuti risponde: «Kauśika! Quando i bodhisattva-mahāsattva desiderano indagare la profonda prajñā-pāramitā, dovrebbero indagarla come spazio.» Dunque l’indagare la prajñā è lo spazio stesso. Lo spazio è l’indagare la prajñā. Il dio Indra successivamente si rivolge al Buddha: «Onorato dal Mondo! Quando buoni figli e buone figlie ricevono e custodiscono, leggono e recitano, riflettono con discernimento e spiegano ad altri questa profonda prajñā-pāramitā che hai predicato, come dovrei proteggerla? Il mio unico desiderio, Onorato dal Mondo, è che tu mi mostri compassione e mi insegni.» Allora il venerabile monaco Subhuti dice al dio Indra: «Kauśika! Vedi forse qualcosa che devi proteggere, oppure no?» Il dio Indra dice: «No, Virtuoso, non vedo nulla qui che io debba proteggere.» Subhuti dice: «Kauśika! Quando buoni figli e buone figlie dimorano nella profonda prajñā-pāramitā così come è stata predicata, stanno semplicemente proteggendola. Quando buoni figli e buone figlie dimorano nella profonda prajñā-pāramitā così come è stata predicata, non deviano mai. Ricorda: anche se tutti gli esseri umani e non umani cercassero un’occasione per far loro del male, alla fine sarebbe impossibile. Kauśika! Se desideri proteggere i bodhisattva che dimorano nella profonda prajñā-pāramitā così come è stata predicata, non è diverso dal voler proteggere lo spazio.» Ricorda: ricevere e custodire, leggere e recitare, e riflettere con discernimento su [prajñā], è semplicemente proteggere prajñā. E volerla proteggere significa riceverla e custodirla, leggerla e recitarla, e così via. Il mio defunto Maestro, il Buddha eterno, dice: Tutto il corpo come una bocca, sospeso nello spazio; Non chiede se il vento venga da est, ovest, sud o nord, Per tutti gli altri, allo stesso modo, chiacchiera prajñā: Chin Ten Ton Ryan Chin Ten Ton. Questo è il chiacchierare di prajñā [trasmesso] dai patriarchi buddhisti di legittimo successore in legittimo successore. È prajñā come intero corpo, è prajñā come totalità degli altri, è prajñā come sé totale, ed è prajñā come totalità di est, ovest, sud e nord. Il Buddha Śākyamuni dice: «Śāriputra! Questi numerosi esseri senzienti dovrebbero dimorare in questa prajñā-pāramitā come buddha. Quando offrono doni, si inchinano in venerazione e considerano la prajñā-pāramitā, dovrebbero farlo come se offrissero doni e si inchinassero in venerazione ai buddha-bhagavat. Perché? [Perché] la prajñā-pāramitā non è diversa dai buddha-bhagavat, e i buddha-bhagavat non sono diversi dalla prajñā-pāramitā. La prajñā-pāramitā è proprio i buddha-bhagavat stessi, e i buddha-bhagavat sono proprio la prajñā-pāramitā stessa. Perché? Perché, Śāriputra, lo stato di verità idoneo, retto ed equilibrato, che tutti i tathāgata possiedono, è sempre realizzato in virtù della prajñā-pāramitā. Perché, Śāriputra, tutti i bodhisattva-mahāsattva, i risvegliati indipendenti, gli arhat, coloro che non ritornano, coloro che ritornano una sola volta, coloro che sono entrati nella corrente, e così via, realizzano sempre in virtù della prajñā-pāramitā. E perché, Śāriputra, tutti i dieci sentieri virtuosi dell’azione, i quattro stati meditativi, i quattro stati immateriali di equilibrio, e i cinque poteri mistici sono sempre realizzati in virtù della prajñā-pāramitā.» Dunque i buddha-bhagavat sono la prajñā-pāramitā, e la prajñā-pāramitā è questi veri dharma. Questi veri dharma sono manifestazioni nude: non appaiono né scompaiono, non sono né impuri né puri, non aumentano né diminuiscono. La realizzazione di questa prajñā-pāramitā è la realizzazione dei buddha-bhagavat. Dovremmo indagarla, e dovremmo farne esperienza. Offrirle doni e inchinarsi in venerazione equivale a servire e assistere i buddha-bhagavat, ed è i buddha-bhagavat stessi nel servizio e nell’assistenza. Shobogenzo Maka-hannya-haramitsu Predicato all’assemblea del tempio Kannon-dori-in in un giorno di ritiro estivo del primo anno di Tenpuku. Copiato negli alloggi dei monaci attendenti del tempio Kippo a Etsu-u il ventunesimo giorno del terzo mese lunare di primavera del secondo anno di Kangen.