Shōbōgenzō e le Quattro Visioni

Quando avevo diciotto anni, trovai un libro intitolato Shōbōgenzō. Fu scritto nel XIII secolo dal fondatore della scuola buddhista giapponese basata sulla pratica dello Zazen. Il suo nome era Maestro Dōgen. Allora trovai lo Shōbōgenzō quasi impossibile da leggere, e rimasi meravigliato che potesse esistere un libro scritto nella mia lingua che non riuscivo minimamente a comprendere. Eppure, pur non capendolo, avevo la sensazione che quel libro potesse contenere cose importanti e preziose.

Questo fu l’inizio di ciò che sarebbe diventato un percorso di quarant’anni di studio. E quando finalmente riuscii a comprendere il significato dello Shōbōgenzō, mi divenne chiaro anche il motivo per cui l’avevo trovato così difficile per così tanto tempo. Il libro stesso è composto da molte affermazioni contraddittorie, e questo lo faceva apparire illogico. Ma dopo averlo letto e riletto molte volte, scoprii che lo Shōbōgenzō è in realtà costruito in un modo molto speciale, utilizzando uno schema espressivo unico.

Il Maestro Dōgen esprime le sue idee nello Shōbōgenzō seguendo uno schema in quattro fasi. Anzitutto spiega un problema dal punto di vista idealistico, cioè come un’idea fondata su concetti astratti. Poi, subito dopo questa prima fase, spiega lo stesso problema dal punto di vista oggettivo o materiale: in altre parole, fornisce esempi e fatti concreti. Nella fase successiva, affronta il problema una terza volta come problema reale, cioè sulla base dell’azione.

Naturalmente, non può spiegare pienamente con le parole di un libro la realtà che circonda il problema, ma vi riesce unendo il punto di vista soggettivo, che presenta per primo, con il punto di vista oggettivo. Sintetizza i due punti di vista in una valutazione realistica del problema fondata sulla filosofia dell’azione, la quale afferma che nell’azione vi è una sintesi tra il sé e il mondo esterno. Infine, nell’ultima fase, cerca di suggerire la sottile e ineffabile natura della realtà stessa utilizzando forme di discorso simboliche, poetiche o figurate.

Lo Shōbōgenzō è colmo di queste spiegazioni in quattro fasi. I capitoli stessi si dividono in quattro gruppi: teorici, oggettivi, realistici e figurativi o poetici. Anche il contenuto dei capitoli è suddiviso nello stesso modo, e persino i singoli paragrafi seguono lo stesso schema. In generale, una spiegazione teorica o soggettiva e una spiegazione materialistica o oggettiva dello stesso problema risultano sempre contraddittorie. Inoltre, una spiegazione realistica appare in contraddizione sia con il punto di vista soggettivo che con quello oggettivo. E la situazione reale stessa è ancora diversa dalla spiegazione realistica data.

Quando leggiamo per la prima volta lo Shōbōgenzō, restiamo colpiti da quelle che sembrano grossolane contraddizioni logiche. Questo è uno dei motivi per cui il libro è così difficile da comprendere. Appare pieno di idee contrapposte.

Tuttavia, dopo aver letto e riletto il libro del Maestro Dōgen, mi sono abituato a questo modo unico di pensare le cose. Egli affronta ogni problema da tre punti di vista: soggettivo e teorico, oggettivo e materiale, e realistico/attivo. Insiste poi sulla differenza tra questi tre punti di vista e la situazione reale stessa. Utilizzando questo metodo, è in grado di spiegare la realtà di una situazione in modo molto chiaro e logico. Crede che la cosa più importante sia vedere che cos’è la realtà stessa; e al tempo stesso, si rende conto di quanto sia impossibile farlo attraverso il mezzo della parola scritta.

Questo schema o sistema logico unico è dunque il modo in cui il Maestro Dōgen suggerisce cos’è la realtà. E credo che il metodo del Maestro Dōgen sia in effetti un modo molto realistico di spiegare la realtà. Ho scoperto che le idee del Maestro Dōgen erano profondamente realistiche, e ho scoperto anche che il Buddhismo è una religione della realtà.

Anche le storie dello Shinji Shōbōgenzō seguono lo stesso schema logico unico, e se vengono studiate dai quattro punti di vista, scopriamo che sono storie molto realistiche, utilizzate per insegnare i principi fondamentali del Buddhismo. Non contengono nulla di mistico o incomprensibile: sono il modo dei Maestri Buddhisti di indicare la realtà.

Gudo Wafu Nishijima
Dojo Ida Zazen
Tokyo
Ottobre 2002