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SHOJI 生死

Vita e Morte

Sho significa “vita” e ji significa “morte”, quindi shoji significa “vita e morte”. Sebbene le parole “vita” e “morte” esistano in tutte le lingue, il Maestro Dogen afferma che non siamo in grado di comprendere intellettualmente cosa siano la nostra vita e la nostra morte. Afferma che il loro significato è radicato nella nostra stessa vita quotidiana. In questo capitolo spiega la vita e la morte come il reale stato momentaneo del momento presente. Nella nostra vita quotidiana, vita e morte esistono entrambe in una totalità indivisa.

GENJO-KOAN 現成公案

L'Universo Realizzato

Genjo significa “realizzato”, e koan è un’abbreviazione di kofu-no-antoku, una bacheca su cui, nell’antica Cina, venivano annunciate al pubblico le nuove leggi. Per questo motivo, koan esprime una legge, o un principio universale. Nello Shobogenzo, genjo koan indica la legge realizzata dell’Universo, cioè il Dharma, ovvero l’Universo reale stesso. Il fondamento del Buddhismo è la fede in questo Universo reale, e nel Genjo Koan il Maestro Dogen ci insegna il Dharma realizzato, ossia l’Universo reale. Quando fu compilata l’edizione in settantacinque capitoli dello Shobogenzo, questo capitolo fu collocato per primo, e da ciò possiamo riconoscerne l’importanza.

MAKA HANNYA HARAMITSU 摩訶般若波羅密

Mahā Prajñā Pāramitā

Sebbene sia molto breve, il Sutra del Cuore contiene il principio più fondamentale del Buddhismo. Qual è il principio più fondamentale? Prajñā. Cos’è prajñā? Prajñā, o saggezza reale, è una sorta di capacità intuitiva che sorge nel nostro corpo e nella nostra mente, quando corpo e mente si trovano in uno stato di equilibrio e armonia. Normalmente pensiamo che la saggezza sia qualcosa basata sull’intelletto, ma i buddhisti credono che la saggezza, su cui si basano le nostre decisioni, non sia intellettuale, ma intuitiva. La decisione corretta nasce da uno stato corretto di corpo e mente, e lo stato corretto di corpo e mente sorge quando corpo e mente sono equilibrati e armonizzati. Dunque mahā-prajñā-pāramitā è la saggezza che abbiamo quando corpo e mente sono in equilibrio e in armonia. E Zazen è la pratica mediante la quale corpo e mente entrano in uno stato di equilibrio e armonia. Mahā-prajñā-pāramitā, allora, è l’essenza dello Zazen.

BENDOWA 弁道話

Un discorso sul perseguire la verità

Ben significa “fare uno sforzo” o “perseguire,” dō significa “la verità,” e wa significa “un discorso” o “una storia.” Il Maestro Dōgen usava solitamente la parola bendō per indicare la pratica dello Zazen, quindi Bendōwa significa un discorso sul perseguire la verità, oppure un discorso sulla pratica dello Zazen. Questo volume non fu incluso nella prima edizione dello Shōbōgenzō. Fu ritrovato a Kyōto durante l’era Kanbun (1661–1673), e aggiunto allo Shōbōgenzō quando l’edizione in 95 volumi fu curata dal Maestro Hangyō Kōzen nell’era Genroku (1688–1704).

UJI 有時

Esitenza-Tempo

U significa “esistenza” e ji significa “tempo”, perciò uji significa “tempo esistente” oppure “esistenza-tempo”. In questo essay, il Maestro Dōgen ci insegna il significato del tempo nel buddhismo. Come Dōgen spiega anche in altri essay, il buddhismo è realismo. Pertanto, la visione del tempo nel buddhismo è sempre molto realistica.

Ai Kālāma

Kālāma Sutta (AN 3:66)

I Kālāma di Kesaputta dissero al Beato: «Signore, ci sono alcuni contemplativi e brāhmaṇa che vengono a Kesaputta. Espongono e glorificano le loro dottrine, ma per quanto riguarda le dottrine degli altri, le svalutano, le denigrano, mostrano disprezzo per loro e le smontano. E poi altri contemplativi e brāhmaṇa vengono a Kesaputta. Espongono e glorificano le loro dottrine, ma per quanto riguarda le dottrine degli altri, le svalutano, le denigrano, mostrano disprezzo per loro e le smontano. Ci lasciano assolutamente incerti e in dubbio: Quali di questi venerabili contemplativi e brāhmaṇa dicono la verità, e quali mentono?».

Dadian Baotong: Un commento al Sutra del Cuore

Poiché abbiamo gli occhi, percepiamo le forme. Poiché abbiamo le forme, percepiamo le percezioni. Poiché abbiamo le percezioni, percepiamo i ricordi. Poiché abbiamo i ricordi, percepiamo la coscienza. Poiché abbiamo la coscienza, abbiamo i nomi e le apparenze dei Sei Sensi. Nell’inseguirli, vaghiamo senza fine tra la vita e la morte.