Quando i buddha-tathāgata,1 ciascuno avendo ricevuto la trasmissione diretta e personale del meraviglioso Dharma, sperimentano lo stato supremo della bodhi,2 essi possiedono un metodo sottile che è supremo e privo d’intenzionalità. Il motivo per cui questo [metodo] è trasmesso solo da buddha a buddha, senza deviazioni, è che il samādhi del ricevere e utilizzare il sé3 ne è il fondamento. Per godere di questo samādhi, la pratica dello [Za]zen, nella postura eretta seduta, è stata stabilita come il portale autentico. Questo Dharma4 è presente in abbondanza in ogni essere umano, ma se non lo pratichiamo, esso non si manifesta, e se non lo esperiamo, non può essere realizzato. Quando lasciamo andare, ha già riempito le mani; come potrebbe essere definito come uno o molteplice? Quando parliamo, riempie la bocca; non ha limiti in alcuna direzione. Quando i buddha dimorano costantemente in questo stato e lo mantengono, non lasciano riconoscimenti e percezioni in aspetti separati [della realtà]; e quando gli esseri viventi funzionano eternamente in questo stato, gli aspetti [della realtà] non appaiono loro come riconoscimenti e percezioni separati.5 Lo sforzo nel perseguire la verità6 che ora sto insegnando rende i miriadi di dharma7 reali nell’esperienza; esso attua l’unità della realtà nel cammino della liberazione.8 In quel momento di rimozione delle barriere e di liberazione, come potrebbe essere rilevante questo paragrafo?
Dopo aver stabilito la volontà di perseguire il Dharma, visitai [buoni] consiglieri9 in ogni parte del nostro paese. Incontrai Myōzen10 del tempio Kennin. Nove stagioni di geli e di fiori11 passarono rapidamente mentre lo seguivo, apprendendo un poco delle consuetudini della linea Rinzai. Solo Myōzen aveva ricevuto la trasmissione autentica del supremo Buddha-Dharma, come discepolo più eccellente del maestro fondatore, il Maestro Eisai12—gli altri studenti non potevano in alcun modo essere paragonati a lui. In seguito andai nel grande Regno dei Song, visitando [buoni] consiglieri a est e a ovest dello Chekiang13 e ascoltando la tradizione attraverso i portali delle cinque linee di trasmissione.14 Infine visitai il Maestro Zen Nyojō15 del monte Dai-byaku-hō,16 e lì fui in grado di completare il grande compito di una vita di pratica. Dopo di ciò, all’inizio della grande era Shōjō dei Song,17 tornai a casa deciso a diffondere il Dharma e a salvare gli esseri viventi—era come se un pesante fardello fosse stato posato sulle mie spalle. Tuttavia, nell’attesa di un’ondata favorevole in cui poter adempiere il mio senso di missione, pensai di trascorrere un po’ di tempo vagando come una nuvola, fluttuando qua e là come un’erba d’acqua, nello stile dei saggi antichi. Eppure, se vi fossero dei veri praticanti che pongono la volontà alla verità al primo posto, naturalmente indifferenti alla fama e al profitto, potrebbero essere infruttuosamente sviati da falsi maestri e potrebbero inutilmente gettare un velo sulla retta comprensione. Potrebbero diventare oziosamente ebbri d’inganno verso se stessi, e sprofondare per sempre nello stato di illusione. Come potrebbero mai promuovere i giusti semi della prajñā,18 o avere l’opportunità di realizzare la verità? Se io ora fossi assorbito nel vagare come una nuvola o come un’erba d’acqua, quali montagne e fiumi dovrebbero essi visitare?19 Sentendo che questa sarebbe stata una situazione pietosa, decisi di compilare una testimonianza delle consuetudini e delle norme che ho sperimentato in prima persona nei monasteri Zen del grande Regno dei Song, insieme a un resoconto dell’istruzione profonda di un [buon] consigliere che ho ricevuto e mantenuto. Lascio questa testimonianza alle persone che apprendono nella pratica e dimorano agevolmente nella verità, affinché possano conoscere il retto Dharma della discendenza del Buddha. Questa potrebbe essere una vera missione.
[I sutra] dicono: Il Grande Maestro Śākyamuni, nell’assemblea sul Picco dell’Avvoltoio,20 trasmise il Dharma a Mahākāśyapa.21 [Il Dharma] fu autenticamente trasmesso da patriarca a patriarca fino a giungere al Venerabile Bodhidharma.22 Il Venerabile stesso si recò in Cina e trasmise il Dharma al Grande Maestro Eka.23 Questa fu la prima trasmissione del Buddha-Dharma nelle Terre d’Oriente.24 Trasmesso individualmente in questo modo, [il Dharma] giunse naturalmente al Maestro Zen Daikan,25 il Sesto Patriarca. In quel tempo, mentre il vero Buddha-Dharma si diffondeva nella Cina orientale, divenne chiaro che [il Dharma] è al di là dell’espressione letteraria. Il Sesto Patriarca ebbe due eccellenti discepoli: Ejō di Nangaku26 e Gyōshi di Seigen.27 Entrambi, avendo ricevuto e mantenuto la postura del Buddha,28 furono maestri guida tanto per gli esseri umani quanto per gli dèi. [Il Dharma] fluì e si diffuse in questi due rami, e vennero stabiliti cinque lignaggi. Questi sono le cosiddette scuole Hōgen, Igyō, Sōtō, Unmon e Rinzai. Nella grande Cina dei Song, oggi soltanto la scuola Rinzai domina l’intero paese. Sebbene vi siano differenze tra le cinque tradizioni, la postura che reca il sigillo della mente del Buddha29 è una sola. Persino nel grande Regno dei Song, sebbene dalla tarda dinastia Han30 in poi i testi filosofici si fossero diffusi nel paese e avessero lasciato un segno, nessuno era in grado di stabilire quali fossero inferiori e quali superiori. Dopo che l’antico Maestro giunse da occidente, tagliò direttamente alla radice della confusione,31 e diffuse il Buddha-Dharma puro e incontaminato. Dovremmo augurarci che lo stesso accada nel nostro paese. [I sutra] dicono che i molti patriarchi e i molti buddha, che dimorarono e custodirono il Buddha-Dharma, si affidarono tutti alla pratica del sedere eretti nel samādhi del ricevere e utilizzare il sé,32 e considerarono [questa pratica] come la via giusta per rivelare lo stato di realizzazione. Gli esseri umani che raggiunsero la verità nei Cieli Occidentali e nelle Terre Orientali seguirono questo stile di pratica. Questa [pratica] si basa sulla trasmissione mistica e autentica del metodo sottile da maestro a discepolo, e sulla ricezione e mantenimento, da parte del discepolo, della vera essenza degli insegnamenti.
Nella trasmissione autentica della [nostra] religione si dice che questo Buddha-Dharma,33 trasmesso in modo autentico e diretto da uno a uno, è il supremo tra i supremi. Dopo il primo incontro con un [buon] consigliere, non è più necessario bruciare incenso, fare prostrazioni, recitare il nome del Buddha, praticare la confessione o leggere i sutra. Basta sedersi e realizzare lo stato libero da corpo e mente. Se un essere umano, anche solo per un istante, manifesta la postura del Buddha nelle tre forme di condotta,34 mentre siede eretto in samādhi, l’intero mondo del Dharma assume la postura del Buddha e tutto lo spazio diventa lo stato di realizzazione. [Questa pratica] così accresce la gioia del Dharma, che è lo stato originario dei buddha-tathāgata, e rinnova lo splendore della loro realizzazione della verità. Inoltre, in tutti i mondi del Dharma delle dieci direzioni, gli esseri ordinari dei tre stati e dei sei regni35 diventano subito chiari e puri nel corpo-e-mente; essi sperimentano lo stato della grande liberazione,36 e le loro caratteristiche originarie si manifestano. Allora tutti i dharma sperimentano e comprendono la retta realizzazione, e le miriadi di cose mettono in pratica il corpo del Buddha; in un istante trascendono completamente i limiti dell’esperienza e della comprensione; siedono eretti come re dell’albero della Bodhi;37 in un attimo fanno girare la grande ruota del Dharma38, che si trova nello stato d’equilibrio ineguagliabile;39 ed espongono lo stato ultimo, sobrio e profondo della prajñā. Questi stati retti ed equilibrati di realizzazione operano anche in senso inverso,40 seguendo sentieri di cooperazione intima e misteriosa, così che colui che siede saldamente in Zazen si libera da corpo e mente, recide le visioni e i pensieri impuri accumulati nel passato, e sperimenta e comprende così il Buddha-Dharma naturale e puro. Attraverso ciascuno dei punti infinitesimali e innumerevoli in cui siedono i buddha-tathāgata, [il praticante] promuove l’opera del Buddha e diffonde la sua influenza ovunque, su coloro che possiedono le qualità potenziali del buddha, vivificando in tal modo lo stato reale e ascendente del buddha. In quel momento, tutto l’universo nelle dieci direzioni—terra, suolo, erba e alberi; recinti, muri, tegole e ciottoli—compie l’opera del Buddha. Le persone che ricevono il beneficio prodotto da vento e acqua sono tutte misteriosamente toccate dall’influenza sottile e impensabile del Buddha, e manifestano immediatamente lo stato di realizzazione. Tutti gli esseri che ricevono e usano quest’acqua e questo fuoco diffondono l’influenza del Buddha nello stato originario dell’esperienza, e coloro che vivono e parlano con loro sono anch’essi reciprocamente dotati dell’illimitata virtù del Buddha. Espandendo e promuovendo le loro attività in ogni direzione, essi permeano l’interno e l’esterno dell’intero universo con il Buddha-Dharma illimitato, incessante, impensabile e incalcolabile. [Questo stato] non è offuscato dalle opinioni dei singoli individui, poiché lo stato nella quiete, privo di attività intenzionale, è esperienza diretta. Se dividiamo pratica ed esperienza in due fasi, come fa la gente comune, ciascuna parte può essere percepita e compresa separatamente. [Ma] se in essa si mescolano percezione e comprensione, allora non è lo stato autentico dell’esperienza, perché lo stato autentico dell’esperienza è al di là dell’emozione illusoria. Sebbene, nella quiete, mente e mondo esterno entrino insieme nello stato dell’esperienza ed escano insieme dallo stato della realizzazione, questi [movimenti] sono lo stato del ricevere e utilizzare il sé.41 Perciò, [i movimenti della mente e del mondo esterno] non agitano una sola molecola né turbano una sola forma, ma compiono l’immensa e grande opera del Buddha e la sottile e profonda influenza del Buddha. L’erba, gli alberi, la terra e il suolo toccati da questa influenza guida irradiano tutti una grande luminosità, e la loro predicazione del Dharma profondo e sottile è senza fine. Erba, alberi, recinti e muri diventano capaci di predicare per tutte le anime, sia comuni che sante; e viceversa, tutte le anime, sia comuni che sante, predicano per erba, alberi, recinti e muri. Il mondo dell’autocoscienza e quello della coscienza degli oggetti esterni non mancano di nulla: sono già dotati della forma concreta dell’esperienza reale. Lo stato standard dell’esperienza reale, quando è attivato, non ammette momenti di inattività. Lo Zazen, anche se è un solo essere umano seduto per un solo istante, entra in cooperazione mistica con tutti i dharma e penetra completamente ogni tempo; e così compie, nell’illimitato Universo, l’opera eterna dell’influenza guida del Buddha nel passato, nel futuro e nel presente. Per tutti è la stessa pratica e la stessa esperienza. La pratica non si limita al semplice atto del sedere: essa colpisce lo spazio e risuona, [come] un suono che continua prima e dopo una campana. Come potrebbe [questa pratica] essere limitata a questo luogo? Tutte le cose concrete42 possiedono la pratica originaria come loro caratteristica originaria; essa è al di là della comprensione. Ricordate: anche se gli innumerevoli buddha delle dieci direzioni, numerosi come i granelli di sabbia del Gange, provassero con tutta la loro forza e tutta la loro saggezza di Buddha a calcolare o comprendere il merito dello Zazen di una sola persona, non riuscirebbero nemmeno ad avvicinarsi.
Ora abbiamo ascoltato quanto siano alti e grandi i meriti di questo Zazen. [Ma] qualche persona stolta potrebbe chiedere con dubbio: «Ci sono molte porte per accedere al Buddha-Dharma. Perché raccomandi solo di sedere in Zazen?»43
Io rispondo: Perché è la porta autentica del Buddha-Dharma. [Qualcuno] domanda: «Perché la consideri l’unica porta autentica?»
Io rispondo: Il Grande Maestro Śākyamuni ha trasmesso esattamente, come autentica tradizione, questo metodo sottile per cogliere lo stato della verità, e i tathāgata dei tre tempi44 hanno tutti realizzato la verità attraverso lo Zazen. Così il fatto che [lo Zazen] sia la porta autentica è stato trasmesso e ricevuto. Inoltre, anche i patriarchi dei Cieli Occidentali e delle Terre Orientali hanno tutti realizzato la verità tramite lo Zazen. Perciò ora insegno [lo Zazen] agli esseri umani e agli dèi come l’autentica porta.
[Qualcuno] chiede: «Ciò che si fonda sulla ricezione dell’autentica trasmissione del metodo sottile del Tathāgata, o sul seguire le orme dei maestri ancestrali, è sicuramente al di là dell’intelletto dell’uomo comune. Leggere i sutra e recitare i nomi dei buddha, tuttavia, può naturalmente diventare causa e condizione per l’illuminazione. Ma per quanto riguarda il semplice sedersi oziosamente senza fare nulla, come può essere questo il mezzo per ottenere l’illuminazione?»
Io rispondo: se ora pensi che il samādhi dei buddha, il supremo e grande Dharma, sia semplicemente stare seduti senza fare nulla, sei una persona che insulta il Grande Veicolo.45 Un’illusione simile è tanto profonda quanto dire, trovandosi in mezzo all’oceano, che non c’è acqua. [Nello Zazen] siamo già seduti, in modo stabile e riconoscente, nel samādhi dei buddha del ricevere e utilizzare il sé. Non è forse questo il compimento di una vastissima e grande virtù? È pietoso che i tuoi occhi non siano ancora aperti e che la tua mente resti stordita come in un’ubriachezza. In generale, lo stato dei buddha è impensabile: l’intelligenza non può raggiungerlo. A maggior ragione, la miscredenza o la saggezza inferiore non potrebbero mai conoscerlo. Solo chi ha una natura elevata e retta fede può accedervi. Per coloro che non credono, anche se ricevono l’insegnamento, è difficile accoglierlo — persino sul Picco dell’Avvoltoio vi erano persone [delle quali il Buddha disse:] «Anche se si ritirano, va bene così».46 Come regola generale, quando la retta fede sorge nella nostra mente, dovremmo esercitarci e imparare nella pratica. Altrimenti, dovremmo riposare per un po’. Rimpiangilo, se vuoi, ma fin dai tempi antichi il Dharma è stato arido. Inoltre, conosci davvero qualche virtù che provenga dal leggere sutra o dal recitare i nomi dei buddha? È davvero inaffidabile credere che soltanto muovere la lingua e alzare la voce racchiuda la virtù dell’opera del Buddha. Quando confrontiamo [queste pratiche] con il Buddha-Dharma, esse sbiadiscono sempre più. Inoltre, apriamo i sutra per chiarire i criteri che il Buddha ha insegnato sulla pratica istantanea e graduale,47 e coloro che praticano secondo l’insegnamento giungono invariabilmente allo stato dell’esperienza reale. Ciò è del tutto diverso dal voler ottenere la virtù del conseguimento del bodhi esaurendo vanamente l’intelletto. Cercare di realizzare lo stato di verità del Buddha soltanto tramite l’attività della bocca, recitando in modo ottuso migliaia o decine di migliaia di volte, è come sperare di raggiungere [il paese meridionale di] Etsu puntando una carrozza verso nord. O come cercare di inserire un piolo quadrato in un foro rotondo. Leggere frasi restando ignari di come praticare è come uno studente di medicina che dimentica come preparare le medicine: a cosa serve? Coloro che recitano senza sosta sono come rane in una risaia primaverile, che gracidano giorno e notte. Alla fine, tutto ciò è vano. Ancora più difficile è, per chi è profondamente disturbato dalla fama e dal profitto, abbandonare tali cose. La mente che brama il guadagno è molto profonda; doveva già esistere nei tempi antichi. Come potrebbe non esistere nel mondo d’oggi? È davvero pietoso. Ricorda: quando un praticante segue direttamente un maestro che ha realizzato la verità e chiarito la mente, e quando quel praticante entra in sintonia con tale mente, la sperimenta e la comprende, ricevendo così l’autentica trasmissione del sottile Dharma dei Sette Buddha,48 allora l’insegnamento esatto si manifesta chiaramente, viene ricevuto e mantenuto. Questo va al di là della comprensione dei maestri del Dharma che studiano solo le parole.49 Quindi abbandona dubbi e illusioni e, seguendo l’insegnamento di un vero maestro, realizza nell’esperienza il samādhi del ricevere e utilizzare il sé dei buddha, sedendo in Zazen e perseguendo la verità.
[Qualcuno] chiede: «Il Fiore del Dharma50 e l’insegnamento del Sutra della Ghirlanda,51 che sono ora stati trasmessi in questo paese, sono entrambi espressioni supreme del Grande Veicolo. Inoltre, nel caso della scuola Shingon,52 [la trasmissione] è passata direttamente dal Tathāgata Vairocana a Vajra-sattva, e dunque [la trasmissione da] maestro a discepolo non è arbitraria. Citando i principi che essa espone, come «La mente qui e ora è buddha» e «Questa mente diventa buddha»,53 [la scuola Shingon] proclama che realizziamo la retta illuminazione dei cinque buddha54 in una sola seduta, senza attraversare innumerevoli kalpa55 di addestramento. Possiamo dire che questa è la massima raffinatezza del Dharma del Buddha. Cosa c’è, dunque, di così eccellente nella pratica che tu ora raccomandi in via esclusiva, escludendo queste altre [pratiche]?»
Io dico: Ricordate, tra i buddhisti non discutiamo di superiorità o inferiorità delle filosofie, né scegliamo tra superficialità e profondità nel Dharma; dobbiamo solo sapere se la pratica è autentica o artificiale. Alcuni sono entrati nel flusso della verità del Buddha grazie all’invito dell’erba, dei fiori, delle montagne e dei fiumi. Alcuni hanno ricevuto e mantenuto il sigillo del Buddha afferrando terra, pietre, sabbia e ciottoli. Inoltre, la Vasta e Grande Parola56 è persino più abbondante della miriade di fenomeni. E il girare della grande ruota del Dharma è contenuto in ogni singola molecola. Stando così le cose, le parole «La mente qui e ora è buddha» sono soltanto la luna nell’acqua,57 e l’idea «Il solo sedersi è diventare buddha» è anch’essa un riflesso nello specchio. Non dovremmo rimanere intrappolati nell’abilità delle parole. Ora, raccomandando la pratica in cui il bodhi è direttamente esperito, spero di dimostrare la sottile verità che i patriarchi buddhisti hanno trasmesso uno a uno, e così rendervi persone del vero stato di verità. Inoltre, per la trasmissione del Buddha-Dharma, dobbiamo sempre prendere come maestro qualcuno che abbia realizzato quello stato. Non è mai sufficiente affidarsi a un dotto che conta le parole: sarebbe come un cieco che guida un altro cieco. In questa linea di trasmissione autentica dei patriarchi buddhisti, noi tutti veneriamo i saggi maestri che hanno realizzato la verità e vissuto quello stato, e li facciamo dimorare nel Buddha-Dharma e lo manteniamo attraverso di loro. Per questo, quando gli shintoisti delle correnti yin e yang58 si dedicano con devozione, e quando gli arhat che hanno sperimentato il frutto59 vengono a chiedere il Dharma, offriamo a ciascuno, senza eccezione, i mezzi per chiarire lo stato mentale. Questo è qualcosa che non si è mai sentito nelle altre tradizioni. I discepoli del Buddha dovrebbero semplicemente studiare e praticare il Buddha-Dharma. Dovremmo anche ricordare che, fin dall’inizio, non abbiamo mai mancato dello stato supremo di bodhi, e che lo riceveremo e ne faremo uso per sempre. Tuttavia, poiché non possiamo percepirlo direttamente,60 tendiamo a generare idee intellettuali arbitrarie e, rincorrendole come fossero realtà, finiamo per passare oltre, invano, al grande stato di verità. Da queste idee intellettuali emergono ogni sorta di fiori nello spazio:61 pensiamo al ciclo delle dodici cause62, alle venticinque sfere dell’esistenza, ai tre veicoli e ai cinque veicoli,63 o alle idee dell’avere o non avere natura di Buddha — e queste sono infinite. Non dovremmo credere che l’apprendimento di tali concetti sia la via corretta della pratica buddhista. Quando, invece, ci sediamo unicamente in Zazen, affidandoci ora esattamente alla stessa postura del Buddha e lasciando andare le miriadi di cose, allora andiamo oltre illusione, realizzazione, emozione e riflessione, e non ci preoccupiamo delle vie del comune e del santo. In quell’istante stiamo già vagando al di fuori dello schema [intellettuale], ricevendo e utilizzando il grande stato di bodhi. Come potrebbero mai, coloro intrappolati nelle parole, paragonarsi a ciò?
[Qualcuno] chiede: «Tra i tre tipi di addestramento64 vi è l’addestramento nello stato di equilibrio, e tra le sei pāramitā65 vi è la dhyāna pāramitā, che tutti i bodhisattva apprendono fin dall’inizio e che tutti praticano, siano essi intelligenti o stolti. Lo Zazen [di cui ora stai parlando] è sicuramente [solo] uno tra questi. Perché allora dici che il retto Dharma del Tathāgata si concentra proprio in questa [pratica dello Zazen]?»
Io rispondo: la domanda sorge perché questo tesoro dell’occhio del vero Dharma, il metodo supremo e grande, che è la questione fondamentale66 del Tathāgata, è stato chiamato “Scuola Zen”. Ricordate che questo nome, “Scuola Zen”, fu coniato in Cina e in Oriente; in India non se ne trova traccia. Quando il Grande Maestro Bodhidharma risiedette per la prima volta al tempio Shaolin sui monti Sung-shan,67 e restò rivolto al muro per nove anni, monaci e laici erano ancora ignoranti del retto Dharma del Buddha, e così lo chiamarono un brāmano che aveva fatto dello Zazen una religione. Da allora, i patriarchi delle generazioni successive si dedicarono costantemente allo Zazen. Persone mondane e stolte, vedendo ciò e non conoscendone la realtà, iniziarono a parlare a caso di una “Scuola dello Zazen”. Ai giorni nostri, eliminando la parola “Za”, parlano semplicemente di “Scuola Zen”.68 Questo significato è evidente dagli scritti dei patriarchi.69 [Lo Zazen] non dovrebbe essere discusso come lo stato di equilibrio del dhyāna tra le sei pāramitā o all’interno dei tre tipi di addestramento. Il fatto che questo Buddha-Dharma sia l’intento autentico della trasmissione diretta non è mai stato nascosto, in nessuna epoca. Nell’assemblea sul Picco dell’Avvoltoio, in tempi antichi, quando il Tathāgata trasmise il Dharma al Venerabile Mahākāśyapa, affidandogli il tesoro dell’occhio del vero Dharma e la mente raffinata del nirvāṇa, il metodo supremo e grande, e solo a lui, la cerimonia fu direttamente testimoniata dagli esseri della schiera celeste presenti nel mondo superiore — perciò non se ne deve mai dubitare. È legge universale che quegli esseri celesti custodiscano e mantengano il Buddha-Dharma in eterno; i loro sforzi non sono mai venuti meno. Ricordate soltanto che questa [trasmissione dello Zazen] è l’intera verità del Dharma del Buddha; nulla le si può paragonare.
[Qualcuno] chiede: «Perché, nel discutere dell’ingresso nello stato di esperienza, i buddhisti ci raccomandano di praticare lo stato di equilibrio del dhyāna esclusivamente attraverso il sedere, che è [solo] una delle quattro forme di condotta?»70
Io rispondo: è difficile calcolare tutti i modi in cui i buddha, fin dai tempi antichi, hanno praticato per entrare nello stato dell’esperienza reale. Se vogliamo trovare una ragione, dovremmo ricordare che ciò che i buddhisti praticano è la ragione stessa. Non dovremmo cercare [una ragione] al di fuori di questa. Tuttavia, un maestro ancestrale ha lodato [il sedere] dicendo: «Sedersi in Zazen è la porta pacifica e gioiosa del Dharma».71 Quindi, in conclusione, la ragione potrebbe essere che, tra le quattro forme di condotta, [il sedere è la più] pacifica e gioiosa. Inoltre, [sedere] non è la via praticata da uno o due buddha soltanto: tutti i buddha e tutti i patriarchi posseggono questa via.
[Qualcuno] chiede: «Riguardo a questa pratica dello Zazen, una persona che non ha ancora sperimentato e compreso il Buddha-Dharma può forse acquisire tale esperienza ricercando la verità nello Zazen. [Ma] cosa può aspettarsi di ottenere dallo Zazen una persona che ha già chiarito il retto Dharma del Buddha?»
Io rispondo: non si raccontano i sogni davanti a uno stolto, ed è difficile mettere i remi nelle mani di un montanaro; eppure devo trasmettere l’insegnamento. Pensare che pratica ed esperienza non siano la stessa cosa è solo un’idea dei non-buddhisti. Nel Buddha-Dharma, pratica ed esperienza sono completamente identiche. [La pratica] ora è anche pratica nello stato di esperienza; perciò, la ricerca della verità da parte di un principiante è già l’intero corpo dello stato originario dell’esperienza. È per questo che [i patriarchi buddhisti] ci hanno insegnato, nelle precauzioni pratiche che ci hanno trasmesso, a non attendere alcuna esperienza al di fuori della pratica. E la ragione potrebbe essere che [la pratica stessa] è lo stato originario dell’esperienza direttamente accessibile. Poiché la pratica è soltanto esperienza, l’esperienza è senza fine; e poiché l’esperienza è pratica, la pratica non ha inizio. Così il Tathāgata Śākyamuni e il Venerabile Patriarca Mahākāśyapa furono accolti e mossi dalla pratica che esiste nello stato di esperienza. Il Grande Maestro Bodhidharma e il Patriarca fondatore Daikan72 furono similmente attratti e guidati dalla pratica che dimora nello stato di esperienza. Gli esempi di tutti coloro che hanno dimorato e mantenuto il Buddha-Dharma sono di questo tipo. La pratica che non è mai separata dall’esperienza esiste già: avendo fortunatamente ricevuto la trasmissione diretta di una porzione della pratica sottile, noi, che siamo principianti nella ricerca della verità, possediamo direttamente, nello stato privo di intenzione, una parte dell’esperienza originaria. Ricordate: per impedirci di contaminare l’esperienza che non è mai separata dalla pratica, i patriarchi buddhisti ci hanno ripetutamente ammonito a non essere negligenti nella pratica. Quando dimentichiamo la pratica sottile, l’esperienza originaria ha già colmato le nostre mani; quando il corpo si allontana dall’esperienza originaria, la pratica sottile opera in tutto il corpo. Inoltre, come ho visto con i miei stessi occhi nella grande Cina dei Song, i monasteri Zen di molte province avevano tutti costruito Sale dello Zazen capaci di accogliere cinquecento o seicento, o persino mille o duemila monaci, incoraggiati a sedere in Zazen giorno e notte. Il capo di uno di questi ordini73 era un vero maestro, che aveva ricevuto il sigillo della mente del Buddha. Quando gli chiesi quale fosse il grande intento del Buddha-Dharma, potei ascoltare il principio secondo cui pratica ed esperienza non sono mai due fasi separate. Perciò, in accordo con l’insegnamento dei patriarchi buddhisti e seguendo la via di un vero maestro, egli incoraggiava [tutti] a perseguire la verità nello Zazen; [incoraggiava] non solo i praticanti del suo ordine, ma [tutti] i nobili amici che cercavano il Dharma, [tutti] coloro che aspiravano a trovare la vera realtà nel Buddha-Dharma, senza distinzione tra principianti e apprendisti tardivi, senza differenza tra gente comune e santi. Non avete forse udito le parole del Maestro ancestrale74 che disse: «Non è che non vi siano pratica ed esperienza, ma esse non possono essere contaminate.» Un altro [maestro] disse: «Chi vede la via, pratica la via.»75 Ricordate che anche nello stato di realizzazione della verità, dovremmo praticare.
[Qualcuno] chiede: «I maestri che in epoche passate diffusero gli insegnamenti nel nostro paese erano tutti andati nella Cina dei Tang e avevano ricevuto la trasmissione del Dharma. Perché, a quel tempo, trascurarono questo principio e trasmisero soltanto insegnamenti filosofici?»
Io rispondo: la ragione per cui gli insegnanti del passato non trasmisero questo metodo fu che il tempo non era ancora giunto.
[Qualcuno] chiede: «Quei maestri delle epoche precedenti comprendevano questo metodo?» Io rispondo: se lo avessero compreso, lo avrebbero certamente rivelato a tutti.
[Qualcuno] chiede: «È stato detto che non dovremmo rimpiangere la nostra nascita e la nostra morte,76 poiché esiste un modo molto rapido per liberarci da nascita e morte. Questo modo consiste nel conoscere la verità che l’essenza mentale è eterna. In altre parole, questo corpo fisico, essendo nato, si muove inevitabilmente verso la morte; ma questa essenza mentale non muore mai. Una volta che riusciamo a riconoscere che l’essenza mentale — immobile di fronte alla nascita e al decadimento77 — esiste nel nostro corpo, la vediamo come l’essenza originaria. Dunque, il corpo è solo una forma temporanea: muore qui e rinasce là, senza mai restare costante. [Ma] la mente è eterna; è immutabile nel passato, nel futuro e nel presente. Conoscere questo significa ‘essersi liberati da nascita e morte’. Coloro che conoscono questo principio pongono fine per sempre al passato [ciclo di] nascita e morte e, quando questo corpo si dissolve, entrano nel mondo dello spirito.78 Quando si presentano nel mondo dello spirito, ottengono virtù meravigliose come quelle dei buddha-tathāgata. Anche se conoscessimo questo principio adesso, [il nostro corpo] è pur sempre il corpo che è stato plasmato da azioni illusorie in ere passate, e quindi non siamo ancora uguali ai santi. Coloro che non conoscono questo principio continueranno per sempre a girare nel ciclo di nascita e morte. Perciò dovremmo semplicemente affrettarci a comprendere il principio secondo cui l’essenza mentale è eterna. Anche se trascorressimo tutta la nostra vita seduti oziosamente, che cosa potremmo sperare di ottenere? La dottrina che ho espresso in questi termini è davvero in accordo con la verità dei buddha e dei patriarchi, non è forse così?»
Io rispondo: la visione espressa ora non è assolutamente il Dharma del Buddha; è la visione del non-buddhista Senika.79 Secondo quella visione non-buddhista, esiste una sola intelligenza spirituale all’interno del nostro corpo. Quando questa intelligenza incontra le condizioni, può distinguere tra piacevole e spiacevole, tra giusto e sbagliato, può conoscere dolore e irritazione, sofferenza e piacere: tutte [queste] sono facoltà dell’intelligenza spirituale. Quando questo corpo muore, tuttavia, lo spirito abbandona la pelle e rinasce altrove; perciò, anche se pare morire qui, continua a vivere là. Per questo viene definito immortale ed eterno. Questa è la visione di quel non-buddhista. Ma se apprendiamo questa visione come se fosse il Dharma del Buddha, siamo ancor più sciocchi di colui che raccoglie una tegola o un sassolino credendoli un tesoro d’oro; un tale inganno sarebbe troppo vergognoso per potervi paragonare alcunché. Il Maestro Nazionale Echu80 della grande Cina dei Tang mise fortemente in guardia contro tale pensiero. Se paragoniamo l’attuale visione erronea secondo cui la mente è eterna mentre le forme periscono allo splendido Dharma dei buddha, e pensiamo di essere sfuggiti a nascita e morte mentre in realtà stiamo promuovendo la causa originaria della nascita e morte, non stiamo forse mostrando la nostra stoltezza? Sarebbe davvero pietoso. Sapendo che questa [è solo] una visione errata dei non-buddhisti, non dovremmo nemmeno sfiorarla con le nostre orecchie. E tuttavia, non posso fare a meno di desiderare di salvarvi da tale visione, ed è solo per compassione che ora [ci provo]. Ricordate: nel Dharma del Buddha, poiché corpo e mente sono originariamente un’unica realtà, il detto secondo cui essenza e forma non sono due è stato compreso allo stesso modo nei Cieli Occidentali e nelle Terre Orientali, e non dovremmo mai osare contraddirlo. Inoltre, nei lignaggi che parlano di esistenza eterna, la miriade dei dharma è tutta esistenza eterna: corpo e mente non sono separati.81 E nei lignaggi che parlano di estinzione, tutti i dharma sono estinzione: essenza e forma non sono divise.82 Come potremmo allora affermare, al contrario, che il corpo è mortale mentre la mente è eterna? Non è forse questo un affronto alla retta ragione? Inoltre, dovremmo comprendere che vivere e morire è semplicemente nirvāṇa;83 [i buddhisti] non hanno mai parlato di nirvāṇa separatamente da nascita e morte. E ancora, anche se erroneamente immaginassimo che la comprensione secondo cui la mente diventa eterna liberandosi del corpo sia identica alla saggezza del Buddha, che è libera da nascita e morte, la mente che concepisce tale comprensione appare e scompare istante per istante, e perciò non è affatto eterna. Questa comprensione non è forse allora inaffidabile? Dovremmo gustarla e riflettere. Il principio secondo cui corpo e mente sono un’unica realtà è costantemente affermato dal Buddha-Dharma. Come potremmo dunque affermare, al contrario, che mentre il corpo appare e scompare, la mente si separi da esso e non appaia né scompaia? Se c’è un tempo in cui [corpo e mente] sono un’unica realtà, e un altro tempo in cui non lo sono, ne conseguirebbe naturalmente che la predicazione del Buddha è stata falsa. Inoltre, se pensiamo che vita e morte siano qualcosa da cui liberarci, commetteremo il peccato di odiare il Dharma del Buddha. Come potremmo non guardarci da ciò? Ricordate: il lignaggio del Dharma che [afferma che] nel Dharma del Buddha lo stato essenziale della mente include universalmente tutte le forme, descrive l’intero grande mondo del Dharma in modo inclusivo, senza separare essenza e forma, e senza discutere di apparizione o sparizione. Non esiste [nessuno stato]—nemmeno bodhi o nirvāṇa—che sia diverso dallo stato essenziale della mente. Tutti i dharma, le miriadi di fenomeni e le cose accumulate, sono totalmente l’unica mente, senza esclusione né separazione. Tutti i vari lignaggi del Dharma affermano che [le miriadi di cose e fenomeni] sono la mente indivisa, equanime ed equilibrata, al di fuori della quale non c’è nulla; ed è proprio in questo modo che i buddhisti hanno compreso l’essenza della mente. Stando così le cose, come potremmo dividere questa unica realtà in corpo e mente, o in nascita e morte e nirvāṇa? Siamo già discepoli del Buddha. Non lasciamo che le nostre orecchie vengano sfiorate dalle parole dei folli che pronunciano vedute non-buddhiste.
[Qualcuno] chiede: «Una persona devota a questo Zazen deve sempre aderire senza macchia ai precetti?»
Io dico: L’osservanza dei precetti e la condotta pura84 sono la norma nei lignaggi Zen e l’abitudine consueta dei patriarchi buddhisti. [Ma] coloro che non hanno ancora ricevuto i precetti, o che li hanno infranti, non sono privi della loro parte [dei benefici dello Zazen].
[Qualcuno] chiede: «Non c’è nulla che impedisca a una persona che pratica questo Zazen di eseguire anche pratiche come mantra o contemplazione silenziosa?»85
Io dico: Quando ero in Cina, ascoltai la vera essenza dell’insegnamento da un autentico maestro; disse che non aveva mai sentito che alcuno dei patriarchi, che avevano ricevuto la trasmissione autentica del sigillo del Buddha, avesse mai praticato tali metodi in aggiunta, né nei Cieli Occidentali né nelle Terre Orientali, né in passato né nel presente. Certamente, se non ci dedichiamo interamente a una sola via, non realizzeremo la saggezza perfetta.
[Qualcuno] chiede: «Questa pratica dovrebbe essere intrapresa anche da uomini e donne laici, oppure è riservata solo a chi ha lasciato la casa?»
Io dico: Un maestro ancestrale ha affermato che, per quanto riguarda la comprensione del Buddha-Dharma, non dobbiamo distinguere tra uomini e donne, né tra alti e bassi.
[Qualcuno] chiede: «Coloro che hanno lasciato la casa si liberano subito da tutti gli impegni, e così non incontrano ostacoli nel praticare Zazen e nel perseguire la verità. Come può allora un laico impegnato, dedicarsi sinceramente alla pratica ed essere in accordo con lo stato non intenzionale della verità buddhista?»
Io dico: In generale, il Patriarca del Buddhismo86, colmo di compassione, ha lasciato aperto un ampio e grande portale di benevolenza, affinché tutti gli esseri senzienti possano esperire ed entrare [nello stato della verità]; quale uomo o dio non desidererebbe entrarvi? E così, esaminando il passato e il presente, troviamo molte conferme di tale [esperienza ed entrata]. Per esempio, Daiso87 e Junso88, pur essendo imperatori occupati negli affari di stato, perseguirono la verità sedendo in Zazen, e realizzarono la grande verità del Patriarca del Buddhismo. Anche il Ministro Lee e il Ministro Bo, che erano le braccia e le gambe dell’intera nazione come luogotenenti dell’imperatore, perseguirono la verità sedendo in Zazen e sperimentarono ed entrarono nella verità del Patriarca del Buddhismo. Questa [pratica ed esperienza] dipende solo dalla presenza della volontà; non ha relazione con il fatto che il corpo resti in casa o l’abbia lasciata. Inoltre, chiunque discerna profondamente la superiorità o l’inferiorità delle cose avrà naturalmente fede. E ancora, coloro che pensano che gli affari mondani ostacolino il Buddha-Dharma sanno solo che nel mondo non c’è Buddha-Dharma; ma non sanno che nello stato di Buddha non vi sono dharma mondani. Recentemente, nella grande Cina dei Song, vi fu un certo Ministro Hyo, un alto funzionario pienamente realizzato nella verità del Patriarca. Negli ultimi anni della sua vita compose una poesia in cui si espresse così:
Quando gli impegni ufficiali lo permettono, mi piace sedermi in Zazen.
Raramente ho dormito appoggiando il mio fianco al letto.
Sebbene ora sia diventato Primo Ministro,
La mia fama di praticante veterano si è diffusa oltre i quattro mari.
Costui era una persona che non aveva tempo libero dagli impegni ufficiali ma, poiché la sua volontà verso la verità del Buddha era profonda, fu in grado di realizzarla. Dovremmo riflettere su noi stessi [in confronto] a lui, e dovremmo riflettere sul presente [in confronto] a quei tempi. Nel grande Regno dei Song, l’attuale generazione di sovrani e ministri, funzionari e popolani, uomini e donne, si applicano tutti senza eccezione alla verità del Patriarca. Sia la classe militare che quella letteraria sono risolute a praticare lo [Za]zen e ad apprendere la verità. Coloro che si risolvono a farlo, in molti casi senza dubbio chiariscono lo stato mentale. Da ciò si può naturalmente dedurre che gli affari mondani non ostacolano il Buddha-Dharma. Quando il vero Buddha-Dharma si diffonde in una nazione, i buddha e gli dèi la proteggono incessantemente, e il regno è pacifico. Quando il regno imperiale è pacifico, il Buddha-Dharma si manifesta nel suo pieno vigore. Inoltre, quando Śākyamuni era nel mondo, [perfino] persone dai gravi peccati e dalle visioni errate furono in grado di ottenere la verità; e, secondo quanto tramandato dai maestri ancestrali, [anche] cacciatori e vecchi taglialegna entrarono nello stato di realizzazione, per non parlare di altri. Occorre solamente investigare l’insegnamento e lo stato di verità di un vero maestro.
[Qualcuno] chiede: «Anche nell’attuale mondo corrotto di quest’ultima epoca,89 è ancora possibile realizzare lo stato della vera esperienza quando pratichiamo questa via?»
Io dico: I filosofi si sono occupati di concetti e forme, ma nel vero insegnamento del Grande Veicolo, senza distinguere tra Dharma “retto”, “imitativo” o “tardo”, affermiamo che tutti coloro che praticano realizzano lo stato di verità. Inoltre, in questo retto Dharma trasmesso direttamente, sia nell’entrare nel Dharma che nel lasciare il corpo, riceviamo e utilizziamo il tesoro di noi stessi. Chi pratica può naturalmente sapere se ha ottenuto lo stato della vera esperienza oppure no, proprio come chi usa l’acqua sa da sé se è calda o fredda.
[Qualcuno] chiede: «Si dice che, nel Buddha-Dharma, una volta compreso chiaramente il principio che la mente qui e ora è buddha, anche se la nostra bocca non recita i sutra e il nostro corpo non pratica la via del Buddha, non manchiamo affatto del Buddha-Dharma. Sapere semplicemente che il Buddha-Dharma risiede originariamente in ciascuno di noi è la totalità del conseguimento della verità. Non c’è bisogno di cercare altrove, né da altri. Tanto meno occorre preoccuparsi di ricercare la verità nello Zazen.»
Io dico: Queste parole sono estremamente inaffidabili. Se fosse come dici, come potrebbe una persona intelligente non comprendere questo principio una volta che glielo si è spiegato? Ricordate, apprendiamo il Buddha-Dharma proprio nel momento in cui abbandoniamo la visione dualistica di soggetto e oggetto. Se sapere che noi stessi siamo semplicemente buddha potesse essere definito il conseguimento della verità, Śākyamuni non si sarebbe preso la briga di insegnare la via morale in passato. Ora intendo dimostrarlo secondo i criteri sottili degli antichi patriarchi:
Molto tempo fa, c’era un monaco chiamato Priore Soku90 nell’ordine del Maestro Zen Hōgen.91 Il Maestro Zen Hōgen gli chiese: «Priore Soku, da quanto tempo sei nel mio ordine?»
Soku rispose: «Sono già al servizio dell’ordine del Maestro da tre anni.»
Il Maestro Zen disse: «Sei un nuovo membro dell’ordine. Perché non mi chiedi mai del Buddha-Dharma?»
Soku rispose: «Non voglio ingannarti, Maestro. Un tempo, quando ero nell’ordine del Maestro Zen Seihō, ho realizzato lo stato di pace e gioia nel Buddha-Dharma.»
Il Maestro Zen disse: «Appoggiandoti a quali parole sei riuscito a entrare?»
Soku disse: «Una volta chiesi a Seihō: Cos’è esattamente lo studente che sono io?92 Seihō rispose: I figli del fuoco93 vengono a cercare il fuoco.»
Hōgen disse: «Belle parole. Ma temo che tu non abbia capito.»
Soku disse: «I figli del fuoco appartengono al fuoco. [Quindi] ho capito che, essendo io stesso me stesso e cercando me stesso, era come essere fuoco e cercare fuoco.»
Il Maestro Zen disse: «Ormai sono certo che non hai capito. Se il Buddha-Dharma fosse una cosa del genere, non avrebbe mai potuto essere trasmesso fino ad oggi.»
A queste parole Soku si sentì imbarazzato e turbato, e si alzò [per andarsene]. [Ma] per strada pensò: «Il Maestro Zen è [rispettato] in tutto il paese come un buon consigliere, ed è un grande maestro che guida cinquecento persone. Dev’esserci stato del merito nelle sue critiche al mio errore.»
[Soku] tornò quindi dal Maestro Zen per confessarsi e prostrarsi in segno di scuse. Poi chiese: «Cos’è esattamente lo studente che sono io?»
Il Maestro Zen rispose: «I figli del fuoco vengono in cerca del fuoco.»
Sotto l’influenza di queste parole, Soku realizzò grandiosamente il Buddha-Dharma.
Chiaramente, il Buddha-Dharma non si conosce mai tramite la comprensione intellettuale che noi stessi siamo soltanto buddha. Se la comprensione intellettuale che noi stessi siamo soltanto buddha fosse il Buddha-Dharma, il Maestro Zen non avrebbe potuto guidare [Soku] con quelle parole precedenti, né lo avrebbe ammonito nel modo in cui lo fece. In modo diretto e immediato, fin dal primo incontro con un buon consigliere, dovremmo domandare i criteri della pratica e, con mente unificata, ricercare la verità sedendo in Zazen, senza lasciare nella mente alcun riconoscimento o parziale comprensione. Allora il metodo sottile del Buddha-Dharma non sarà [praticato] invano.
[Qualcuno] chiede: «Quando sentiamo parlare dell’India e della Cina, nel passato e nel presente, ci sono coloro che hanno realizzato lo stato di verità ascoltando la voce di un bambù, o che hanno chiarito la mente vedendo i colori dei fiori.94 Inoltre, il Grande Maestro Śākyamuni sperimentò la verità vedendo la stella luminosa, il Venerabile Ānanda95 realizzò il Dharma quando cadde il pennone di un tempio, e non solo: tra i cinque lignaggi che seguirono il Sesto Patriarca,96 molte persone chiarirono lo stato mentale sotto l’influenza di una singola parola o di mezza riga di versi. Tutti loro, senza eccezione, avevano forse perseguito la verità sedendosi in Zazen?»
Io dico: Dovremmo sapere che tutte queste persone, del passato e del presente, che chiarirono la mente vedendo forme o realizzarono la verità udendo suoni, erano completamente prive di dubbio intellettuale nella loro ricerca della verità, e proprio nel momento presente non vi era un secondo individuo.
[Qualcuno] chiede: «In India e in Cina le persone sono originariamente spontanee e rette. Essere al centro del mondo civilizzato le rende così. Di conseguenza, quando viene loro insegnato il Buddha-Dharma, comprendono e vi accedono molto rapidamente. Nel nostro paese, fin dai tempi antichi, la gente ha mostrato poca benevolenza e saggezza, ed è difficile per noi accumulare i semi della rettitudine. Essere i barbari e selvaggi97 [del sud-est] ci rende tali. Come potremmo non rammaricarcene? Inoltre, le persone che hanno lasciato la casa in questo paese sono inferiori persino ai laici delle grandi nazioni; la nostra società nel complesso è ignorante, e le nostre menti sono ristrette e limitate. Siamo profondamente attaccati ai risultati dello sforzo intenzionale, e apprezziamo la qualità superficiale. Persone così possono forse aspettarsi di realizzare il Buddha-Dharma subito, anche se siedono in Zazen?»
Io dico: Come dici tu, la gente del nostro paese non è ancora universalmente benevola e saggia, e vi sono davvero persone contorte. Anche se si predica loro il Dharma retto e corretto, trasformeranno il nettare in veleno. Sono facilmente inclini alla fama e al guadagno, e dissolvere le loro illusioni e i loro attaccamenti è difficile. Tuttavia, per sperimentare ed entrare nel Buddha-Dharma non è necessario usare sempre la saggezza mondana degli esseri umani e degli dèi come mezzo per trascendere il mondo.98 Quando il Buddha era nel mondo, [un vecchio monaco] raggiunse il quarto frutto [quando fu colpito] da una palla,99 e [una prostituta] realizzò il grande stato di verità dopo aver indossato un kaṣāya;100 entrambi erano persone ottuse, creature sciocche e ignoranti. Ma, aiutati dalla retta fede, trovarono il mezzo per liberarsi dalla loro illusione. Un altro caso fu quello di una donna devota che stava preparando il pasto di mezzogiorno e che rivelò lo stato di realizzazione vedendo un vecchio bhikṣu101 seduto in silenzio. Questo non derivava dalla sua saggezza, non veniva da scritti, non dipendeva da parole né da discorsi: era sostenuta soltanto dalla sua retta fede. Inoltre, gli insegnamenti di Śākyamuni si sono diffusi nei tremila mondi solo da circa duemila anni. Le nazioni sono di molti tipi; non tutte sono paesi di benevolenza e saggezza. Come potrebbe ogni persona, d’altronde, possedere solo intelligenza e discernimento, orecchie fini e occhi acuti? Ma il retto Dharma del Tathāgata è dotato fin dall’origine di virtù e potere inconcepibilmente grandi, e quando giunge il momento si diffonde anche in quei paesi. Quando le persone praticano con retta fede, sia i saggi sia gli stolti ottengono la verità. Soltanto perché il nostro paese non è una nazione di benevolenza e saggezza e la sua gente è ottusa, non dobbiamo pensare che per noi sia impossibile comprendere il Buddha-Dharma. Anzi, tutti gli esseri umani posseggono in abbondanza i semi autentici della prajñā. Forse semplicemente pochi di noi hanno ancora fatto esperienza diretta di quello stato, e quindi siamo ancora immaturi nel riceverlo e utilizzarlo.
Le domande e risposte sopra riportate sono andate e venute, e l’alternanza tra uditorio e oratore è stata disordinata. Quante volte ho fatto esistere fiori nello spazio senza fiori?102 D’altra parte, il principio fondamentale del perseguire la verità sedendo in Zazen non è mai stato trasmesso in questo paese; chiunque avesse sperato di conoscerlo sarebbe rimasto deluso. Per questo motivo intendo raccogliere le poche esperienze che ho avuto all’estero, e registrare i segreti di un maestro illuminato,103 affinché possano essere uditi da ogni praticante che desideri ascoltarli. Inoltre, esistono norme e consuetudini per i monasteri e i templi, ma non c’è tempo sufficiente per insegnarle ora, e non devono essere [trasmesse] in fretta.
In generale, fu davvero una grande fortuna per la gente del nostro paese che, pur trovandoci a est del Mare del Drago e separati da nuvole e nebbie, a partire dai regni di Kinmei104 e Yomei,105 il Buddha-Dharma dell’Occidente si sia diffuso fino a noi in Oriente. Tuttavia, la confusione si è moltiplicata riguardo a concetti e forme, fatti e circostanze, disturbando la situazione della pratica. Ora, poiché ci accontentiamo di vesti logore e ciotole rattoppate, e intrecciamo paglia per poter sederci e praticare accanto a scogliere azzurre e rocce bianche, la questione dello stato elevato del buddha diventa subito evidente, e padroneggiamo rapidamente la grande questione di una vita di pratica. Questo è semplicemente il decreto di Ryuge [monte],106 e il retaggio del monte Kukkuōapāda.107 Le forme e gli standard per sedere in Zazen possono essere praticati seguendo il Fukan-zazengi, che ho compilato durante l’era Karoku.108 Ora, nel diffondere l’insegnamento del Buddha attraverso una nazione, da un lato, dovremmo attendere il decreto del sovrano, ma dall’altro lato, ricordando l’eredità del Picco dell’Avvoltoio, i re, i nobili, i ministri e i generali ora manifestati nei centomila koṭi di mondi hanno tutti accettato con gratitudine il decreto del Buddha e, non dimenticando l’intento originario delle vite precedenti di custodire e mantenere l’insegnamento del Buddha, sono rinati. [Entro] i confini della diffusione di quell’insegnamento, quale luogo non potrebbe essere una terra del Buddha? Pertanto, quando desideriamo diffondere la verità dei patriarchi buddisti, non è sempre necessario scegliere un luogo [specifico] o attendere [circostanze favorevoli]. Non potremmo forse considerare l’oggi come il punto di partenza? Ho quindi composto queste righe e le lascio ai maestri saggi che aspirano al Buddha-Dharma, e alla vera corrente di praticanti che desiderano, come nuvole erranti o piante d’acqua trasportate dalla corrente, esplorare lo stato di verità.
Giorno di metà autunno, [nel terzo anno di] Kanki.109
Scritto dallo śramaṇa110 Dōgen, che entrò nella dinastia Sung [Cina] e ricevette la trasmissione del Dharma.
Shobogenzo Bendowa
Note
1 諸仏如来 (SHO-BUTSU-NYORAI). L’espressione deriva dal Sutra del Loto (vedi LS 1.88). 如来 (NYORAI) rappresenta la parola sanscrita tathāgata, che significa “colui che è giunto allo stato di realtà”. È l’epiteto più elevato di un buddha. Vedi Glossario. ↩
2 阿耨菩提 (ANOKU-BODAI), abbreviazione di 阿耨多羅三藐三菩提 (ANOKUTARA-SANMYAKU-SANBODAI), traslitterazione delle parole sanscrite anuttara-samyak-saṃbodhi. Bodhi significa “saggezza perfetta”, “la verità” o “lo stato di verità”. Vedi Glossario. ↩
3 自受用三昧 (JIJUYO-ZANMAI). 自 (JI) significa “sé”, 受 (JU) significa “ricevere” e 用 (YO) significa “usare”. 三昧 (ZANMAI) rappresenta la parola sanscrita samādhi. Vedi Glossario. Samādhi è spiegato da molti punti di vista nello Shobogenzo, ad esempio come 自証三昧 (JISHO-ZANMAI), samādhi come esperienza del sé; come 法性三昧 (HOSSHO-ZANMAI), samādhi come natura del Dharma; come 海員三昧 (KAI-IN-ZANMAI), samādhi come stato simile al mare; e come 三昧王三昧 (ZANMAI-O-ZANMAI), il samādhi che è il re dei samādhi. 自受用三昧 (JIJUYO-ZANMAI) suggerisce lo stato di equilibrio naturale che sperimentiamo quando facciamo uno sforzo senza uno scopo intenzionale. ↩
4 法 (HO) ha un’ampia gamma di significati: Dharma, i dharma (vedi Glossario), legge, cose e fenomeni, metodo, realtà, eccetera. “Questo Dharma” suggerisce sia il metodo dello Zazen che, allo stesso tempo, la realtà dello Zazen. ↩
5 Nello stato di Zazen, la nostra coscienza è integra. ↩
6 “Sforzo” è 功夫 (KUFU). “Perseguire la verità” è 弁道 (BENDO), come nel titolo del capitolo Bendōwa. Il Maestro Dōgen utilizzò le parole 功夫弁道 (KUFU-BENDŌ) per esprimere lo Zazen stesso. ↩
7 万法 (BANPŌ), letteralmente “diecimila dharma”; in altre parole, tutte le cose e i fenomeni. Vedi nota 4 ↩
8 出路 (SHUTSURO). 出 (SHUTSU) significa “uscire” e 路 (RO) significa “via” o “sentiero”. Il Fukan-zazengi contiene l’espressione 出身の活路 (SHUSSHIN no KATSuro), “la via vitale in cui il corpo si libera”, ovvero lo stato di azione vigorosa in cui il nostro corpo si emancipa dalle preoccupazioni intellettuali e dagli attaccamenti sensoriali. ↩
9 知識 (CHISHIKI), abbreviazione di 善知識 (ZENCHISHIKI), dal sanscrito kalyāṇa-mitra (vedi Glossario). ↩
10 全功 (ZENKŌ). 全 (ZEN) sta per 明全 (MYŌZEN). 公 (KŌ) è un titolo onorifico. Il Maestro Myōzen e il Maestro Dōgen partirono insieme nel 1223 per approfondire il Buddhismo in Cina. Il Maestro Myōzen morì il 5 maggio 1225, all’età di 41 anni, nel dormitorio Ryōzen-ryō del tempio Tendō-zan. Prima di diventare discepolo del Maestro Eisai, il Maestro Myōzen aveva studiato gli insegnamenti della scuola Tendai, sul monte Hiei. ↩
12 Maestro Eisai (1141–1215), che andò in Cina e introdusse in Giappone la trasmissione della setta Rinzai. ↩
13 Una provincia nella Cina orientale, che confina con il Mar Cinese Orientale. ↩
14 Le cosiddette sette Sōtō, Rinzai, Hōgen, Igyō e Unmon. Vedi cap. 49, Butsudō. ↩
15 浄禅師 (JŌ-ZENJI), Maestro Tendō Nyōjō (1163–1228), successore del Maestro Secchō Chikan. Di solito indicato nello Shōbōgenzō come 先師 (SENSHI), “il mio defunto Maestro.” ↩
16 大白峰 (DAIBYAKUHŌ), lett. “Grande Picco Bianco”, è un altro nome del monte Tendō-zan, dove il Maestro Tendō Nyōjō guidò l’ordine dal 1224 fino alla sua morte. ↩
17 L’era Shōjō durò dal 1228 al 1233. ↩
18 Vera saggezza. Vedi cap. 2, Maka-hannya-haramitsu. ↩
19 Per trovare un vero maestro. ↩
20 Il Picco dell’Avvoltoio è così chiamato perché la silhouette della montagna ricorda un avvoltoio. Il Buddha vi predicava spesso. ↩
21 Maestro Mahākāśyapa, il primo patriarca in India. ↩
22 Maestro Bodhidharma (VI secolo), ventottesimo patriarca in India e primo patriarca in Cina. ↩
23 Maestro Taisō Eka, secondo patriarca in Cina. ↩
24 東地 (TŌCHI), Cina. Il Maestro Dōgen si riferiva comunemente all’India e alla Cina come 西天東地 (SAITEN-TŌCHI), “i Cieli Occidentali e le Terre Orientali.” ↩
25 Maestro Daikan Enō (638–713), sesto patriarca in Cina. ↩
26 Maestro Nangaku Ejō (677–744). ↩
27 Maestro Seigen Gyōshi (morto nel 740), settimo patriarca cinese nel lignaggio del Maestro Dōgen. ↩
28 仏印 (BUTSU-IN), lett. “sigillo del Buddha.” 印 (IN) può significare un sigillo di approvazione, ovvero certificazione; oppure può indicare una forma concreta, o postura. ↩
29 仏心印 (BUTSU-SHIN-IN), lett. “sigillo della mente del Buddha.” Nel cap. 72, Zanmai-ō-zanmai, il Maestro Dōgen afferma che il sigillo della mente del Buddha è proprio la posizione del loto completo. ↩
30 La dinastia Han posteriore durò dal 25 al 221 d.C. ↩
31 Letteralmente “tagliare le radici di kuzu e glicine.” Queste due piante rampicanti simboleggiano qualcosa di confuso o complicato. Vedi cap. 46, Kattō. ↩
32 自受用三昧 (JIJUYŌ-ZANMAI); lo stato di equilibrio naturale. Vedi nota 3 ↩
33 仏法 (BUPPŌ), “Dharma del Buddha” o “Metodo buddhista”; in questo caso significa Zazen stesso. ↩
34 三業 (SAN-GŌ), i tre tipi di comportamento: comportamento del corpo, della parola e della mente. ↩
35 三途 (SANZU), lett. “i tre sentieri”, ovvero i tre mondi miserabili: l’inferno, il mondo degli spiriti affamati e il mondo animale. 六道 (ROKUDŌ), lett. “le sei vie”, comprendono i tre mondi miserabili più i mondi dei demoni, degli esseri umani e degli dei. ↩
36 大解脱地 (DAI-GEDATSU-CHI). 大 (DAI) significa grande. 解脱 (GEDATSU) rappresenta il sanscrito vimukti, cioè la liberazione da tutti gli ostacoli. 地 (CHI) significa stato. ↩
37 Il termine sanscrito bodhi significa stato di verità. Il Buddha raggiunse la verità seduto sotto un albero di pipal (nome latino: Ficus religiosa). Nei paesi buddhisti questo albero è detto albero della bodhi. ↩
38 天法輪 (TENBORIN), il girare della ruota del Dharma, simboleggia la predicazione buddhista. Vedi cap. 74, Tenborin. ↩
39 無等等 (MUTŌDŌ), lett. “eguaglianza senza pari,” dal sanscrito asamasama. L’espressione appare nel Sutra del Cuore (vedi cap. 2, Maka-hannya-haramitsu) e nel Sutra del Loto (LS 3.270). ↩
40 Verso il praticante: la pratica influenza sia l’oggetto che il soggetto. ↩
41 自受用の境界 (JIJUYŌ no KYŌGAI), lett. “l’ambito del ricevere e usare sé stessi”, cioè lo stato di equilibrio naturale. Vedi nota 3 ↩
42 百頭 (HYAKUTŌ), lett. “cento teste”, suggerisce molteplici cose concrete e varie. ↩
43 Domande e risposte non sono separate nel testo originale. Sono state qui suddivise per facilitare la lettura. ↩
44 三世 (SANZE), passato, presente e futuro; eternità. ↩
45 大乗 (DAIJŌ), Buddhismo Mahāyāna. ↩
46 退亦佳矣 (TAIYAKUKEI). Vedi LS 1.86-88. ↩
47 頓漸修行 (TONZEN-SHUGYŌ). 頓漸 (TONZEN) sta per 頓悟 (TONGO), “realizzazione istantanea”, e 漸悟 (ZENGO), “realizzazione graduale”. Queste esprimono due visioni della realizzazione — come evento del momento della pratica e come processo che si sviluppa lungo una successione di momenti — basate su due concezioni del tempo. ↩
48 I sette Buddha antichi erano Vipaśyin, Śikhin, Viśvabhū, Krakucchanda, Kanakamuni, Kāśyapa e Śākyamuni (vedi cap. 15, Busso). La fede nei Sette Buddha riflette la credenza che il Dharma sia eterno, anteriore al Buddha storico, Śākyamuni. ↩
49 法師 (HOSSHI). Ai tempi del Maestro Dōgen, alcuni monaci della scuola Tendai portavano questo titolo. ↩
50 法華宗 (HOKKESHŪ). 法華 (HOKKE) sta per 法華経 (HOKKEKYŌ), “il Sutra del Fiore del Dharma”, ovvero il Sutra del Loto. 宗 (SHŪ) significa religione o scuola. 法華宗 (HOKKESHŪ) era l’antico nome della scuola Tendai, fondata in Cina dal Maestro Tendai Chigi sulla base del Sutra del Loto, e introdotta in Giappone dal Maestro Saichō (767–822). ↩
51 華厳教 (KEGONKYŌ), lett. “insegnamento Kegon”, si riferisce alla scuola Kegon fondata anch’essa in Cina e basata sul Sutra della Ghirlanda (Avataṃsaka). Fu introdotta in Giappone nel 736. ↩
52 真言宗 (SHINGONSHŪ). La scuola Shingon deriva dal Buddhismo Vajrayāna. Il Maestro Kūkai andò in Cina e riportò gli insegnamenti della scuola Shingon in Giappone nell’806. Il Buddhismo Vajrayāna venera Vajrasattva, il Buddha Diamante, che si dice abbia ricevuto la trasmissione da Vairocana, il Buddha Solare. ↩
53 “La mente qui e ora è buddha” è 即心是仏 (SOKU-SHIN-ZE-BUTSU) — titolo del cap. 6. “Questa mente diventa buddha” è 是心作仏 (ZE SHIN-SA-BUTSU). ↩
54 Cioè i cinque Buddha del mandala usato nel Buddhismo esoterico della scuola Shingon. Il mandala rappresenta il Buddha Vairocana al centro, circondato dai Buddha nei quattro punti cardinali. ↩
55 劫 (GŌ o KŌ) è la traslitterazione del sanscrito kalpa, che indica un tempo infinitamente lungo. Un kalpa veniva spiegato come il tempo necessario a consumare un’enorme roccia sfregandola una volta ogni tre anni con una manica d’angelo. ↩
56 広大の文字 (KŌDAI no MONJI), lett. “i grandi caratteri vasti”, suggerisce il Dharma non solo come insieme di fenomeni materiali, ma anche come ciò che possiede significato. ↩
57 Un’immagine della luna, non la luna stessa. ↩
58 冥陽の神道 (MEIYŌ no SHINTŌ). 冥陽 (MEIYŌ) significa “yin e yang”. 神道 (SHINTŌ), lett. “Via degli Dei”, è la religione spirituale indigena del Giappone. L’idea di due lignaggi dello Shintō, yin e yang, sembra essere nata dai tentativi della scuola Shingon di conciliare i suoi insegnamenti con le credenze autoctone giapponesi. ↩
59 Un arhat è una persona che ha raggiunto lo stadio supremo (il quarto frutto) di uno śrāvaka, ovvero il livello più elevato di apprendimento astratto buddhista. L’arhat è oggetto del cap. 34, Arakan. ↩
60 “Percepirlo direttamente” è 承当 (JŌTŌ), abbreviazione di 承受合当 (JŌJU-GATTŌ), lett. “ricevere un colpo”. In generale, 承当 (JŌTŌ) significa essere colpiti direttamente dalla realtà nell’esperienza istantanea. Nell’ultima sezione dell’opera autonoma Gakudō-yōjin-shū, il Maestro Dōgen spiega 承当 (JŌTŌ), o “ricevere un colpo”, così: «Usando questo corpo e questa mente, sperimentiamo direttamente lo stato di buddha. Questo è ricevere un colpo.» ↩
61 空華 (KUGE), “fiori nello spazio”, simboleggiano le immagini. Vedi cap. 41, Kuge. ↩
62 十二輪転 (JUNI-RINDEN), il ciclo delle dodici cause ed effetti, dal sanscrito dvādaśānga-pratītya-samutpāda (vedi Glossario). Vedi ad esempio LS 2.56. ↩
63 三乗 (SANJŌ), “i tre veicoli”, cioè i tre tipi di buddhista, sono spiegati nel cap. 24, Bukkyo. Essi sono lo śrāvaka, che si basa sulla teoria delle quattro verità; il pratyekabuddha, che si basa sulla teoria dell’origine dipendente (la catena delle dodici cause); e il bodhisattva, che si basa sulle sei pāramitā (sei perfezioni). I cinque veicoli comprendono questi tre, più gli esseri umani e gli dèi. ↩
64 三学 (SANGAKU), dal sanscrito tisraḥ śikṣāḥ, sono i precetti, lo stato equilibrato e la saggezza. ↩
65 Il termine sanscrito pāramitā significa “ciò che è giunto all’altra riva”, ovvero perfezione. 六度 (ROKUDŌ), le sei pāramitā, sono: generosità, osservanza dei precetti, pazienza, energia, pratica dello Zazen (dhyāna), e vera saggezza. Il termine dhyāna è stato tradotto in cinese e giapponese come 禅 (CH’AN o ZEN). ↩
66 一大事 (ICHIDAIJI) compare nel Sutra del Loto. Vedi LS 1.88–90 e cap. 17, Hokke-ten-hokke. ↩
67 I monti Sung-shan comprendono due cime principali: 太室 (TAISHITSU) a est e 少室 (SHŌSHITSU) a ovest. Queste montagne ospitavano molti templi buddhisti; il tempio Shaolin si trovava sul picco Shōshitsu. ↩
68 La “setta dello Zazen” è 坐禅宗 (ZAZENSHŪ), letteralmente “setta della meditazione seduta”. Omettendo 坐 (ZA) si ottiene 禅宗 (ZENSHŪ), ovvero “setta della meditazione (Zen)”. ↩
69 広語 significa sia 広録 (KOROKU), “registrazioni ampie”, sia 語録 (GOROKU), “raccolta dei discorsi”. Vedi bibliografia. ↩
70 四儀 (SHIGI), camminare, stare in piedi, sedere e sdraiarsi. ↩
71 坐禅はすなはち安楽の法門なり。(ZAZEN wa sunawachi ANRAKU no HŌMON nari.) Queste parole potrebbero derivare dal Maestro Chōrō Sōsaku, compilatore dello Zen-en-shingi (Criteri puri per i monasteri Zen). Il Maestro Dōgen cita le stesse parole nel Fukan-zazengi (vedi Appendice). Il termine 安楽 (ANRAKU), “pace e gioia” o “stabilità e comfort”, appare nel titolo del cap. 14 del Sutra del Loto: 安楽行 (ANRAKUGYŌ), “Pratica pacifica e gioiosa”. ↩
72 Maestro Daikan Eno. Vedi nota 25 ↩
74 Maestro Nangaku Ejō. Il dialogo tra Daikan Eno e Nangaku Ejō è riportato in Shinji-shōbōgenzō, parte 2, n. 1. Vedi anche i cap. 7, Senjō, cap. 29, Inmo, e cap. 62, Hensan dello Shōbōgenzō. ↩
75 Keitoku-dentō-roku, cap. 5, sezione dedicata al Maestro Honjō. ↩
76 生死 (SHŌJI), lett. “vita e morte” o “vivere-e-morire”; è il titolo del cap. 92. ↩
77 生滅 (SHŌMETSU). 生 (SHŌ) significa non solo “vita”, ma anche “nascita” e “apparizione”. In questo paragrafo, 生滅 (SHŌMETSU) è stato anche reso con “apparizione e scomparsa”. ↩
78 性海 (SHŌKAI), lett. “oceano dell’essenza”. ↩
79 L’Avataṃsaka-sūtra (in giapponese Kegon-kyō, in inglese Garland Sutra) riporta molte domande rivolte al Buddha da un bramano chiamato Senika. Vedi cap. 6, Soku-shin-ze-butsu. ↩
80 Maestro Nanyō Echū (675?–775), successore di Daikan Eno. “Maestro Nazionale” era il titolo conferito a chi insegnava all’Imperatore. Vedi ad esempio i capp. 6, 18, 19 e 44. ↩
81 Ad esempio, la scuola Sarvāsti-vāda, resa in cinese come 説一切有部 (SETSU-ISSAI-UBU), ovvero “Scuola che predica l’esistenza di tutte le cose”, sosteneva che i dharma esistono realmente nel passato, nel presente e nel futuro. Questa scuola fiorì in India per molti secoli e fu ampiamente studiata in Cina e in Giappone. ↩
82 “Estinzione” è 寂滅 (JAKUMETSU), termine talvolta usato per tradurre il sanscrito nirvāṇa, ma che qui è opposto a 常住 (JŌJŪ), “esistenza eterna”. I “lignaggi che parlano di estinzione” corrispondono così grosso modo alla scuola śūnyatā, o 空門 (KUMON), cioè la scuola che sottolinea l’insegnamento del śūnyatā, il quale nega ogni esistenza statica. ↩
83 La parola sanscrita nirvāṇa significa letteralmente “estinzione di una fiamma”. Vedi Glossario. ↩
84 持戒梵行 (JIKAI-BONGYŌ). 梵行 (BONGYŌ) rappresenta il sanscrito brahma-carya (vedi Glossario). 行持 (GYŌJI), lett. “condotta e mantenimento”, o “pratica e continuità”, è il titolo del cap. 29. ↩
85 真言止観の行 (SHINGON-SHIKAN no GYŌ). 真言 (SHINGON), lett. “parola di verità”, significa mantra. L’uso di mantra è caratteristico del buddhismo esoterico della setta Shingon. 止観 (SHIKAN), lett. “calmare e osservare”, rappresenta i termini sanscriti śamatha (quiete) e vipaśyanā (visione profonda, riflessione), ed è una pratica della scuola Tendai: il metodo è quasi identico allo Zazen secondo Dōgen, ma nella scuola Tendai la pratica non è considerata sufficiente in sé. ↩
86 仏祖 (BUSSO) è il titolo del cap. 15. Tradotto come “i patriarchi buddhisti” si riferisce ai patriarchi in generale; tradotto come “il Patriarca buddhista” si riferisce di solito al Buddha o al Maestro Bodhidharma. ↩
87 代宗 (DAISŌ), imperatore Tang che regnò dal 763 al 779, allievo del Maestro Nanyō Echū. ↩
88 順宗 (JUNSŌ), un altro imperatore Tang, regnò dall’805 all’806. ↩
89 末代 (MATSUDAI). 末 sta per 末法 (MAPPŌ), “Ultimo Dharma”. I secoli dopo la morte del Buddha sono divisi in tre ere: 正法 (SHŌBŌ), “Dharma Retto”, primi 500 anni in cui il Dharma fiorisce; 像法 (ZŌHŌ), “Dharma Imitativo”, i successivi 1000 anni; e 末法 (MAPPŌ), “Ultimo Dharma”, gli ulteriori 10.000 anni di decadenza. Vedi Glossario sotto Saddharma. ↩
90 則公監院 (SOKUKŌ-KAN’IN). 則 (SOKU) è il nome del monaco. 公 (KŌ) è un titolo onorifico simile al moderno “-san”. 監院 (KAN’IN) o 監寺 (KANJI) è uno dei sei principali incarichi in un grande tempio. ↩
91 Maestro Hōgen Bun’eki (885–958), successore di Rakan Keishin e fondatore della scuola Hōgen. ↩
92 学人の自己 (GAKUNIN no JIKO). 学人 (GAKUNIN), “studente”, era un termine con cui uno studente si riferiva a sé. 自己 (JIKO) significa “sé”. La domanda di Soku era quindi: «Chi sono io?» ↩
93 丙丁童子 (HEITEI-DŌJI). 丙 (HEI o HINOE), terzo segno del calendario, significa “fratello maggiore del fuoco”. 丁 (TEI o HINOTO), quarto segno, significa “fratello minore del fuoco”. «I figli del fuoco vengono in cerca del fuoco» allude allo sforzo reale del praticante per cercare ciò che già è. 童子 (DŌJI) significa “fanciullo”. ↩
94 Questi esempi di realizzazione nella tradizione buddhista sono descritti dettagliatamente nel cap. 9, Keisei-sanshiki. ↩
95 Il Maestro Ānanda fu il secondo patriarca in India, successore del Maestro Mahākāśyapa. ↩
97 盤夷 (BAN-I). Essendo la Cina considerata centro della civiltà, si pensava fosse circondata da quattro popoli “barbari”: 南蕃 (NANBAN) a sud e 東夷 (TŌI) a est. L’espressione “selvaggi e barbari” include i giapponesi, come popolo orientale. ↩
98 出世 (SHUSSE) può significare sia “trascendere il mondo” sia “manifestarsi nel mondo”. In quest’ultimo senso, indica diventare abate di un grande tempio. ↩
99 Un giovane monaco voleva fare uno scherzo a un vecchio monaco sciocco che viveva nell’ordine del Buddha. Così lo condusse in una stanza buia e lo colpì con una palla, dicendo: «Hai ottenuto il primo effetto». Lo colpì di nuovo e disse: «Hai ottenuto il secondo effetto». Poi lo colpì una terza volta e disse: «Hai ottenuto il terzo effetto». Infine lo colpì un’ultima volta e disse: «Hai ottenuto il quarto effetto». Ma stranamente, quando il vecchio monaco uscì dalla stanza buia, aveva effettivamente sperimentato il quarto effetto. 四果 (SHIKA), il quarto effetto, si riferisce allo stato di arhat, cioè lo stato ultimo nel Buddhismo. ↩
100 La storia della prostituta che indossò un kaṣāya (abito buddhista) per scherzo è riportata nel cap. 12, Kesa-kudoku. ↩
102 Qui 空華 (KUGE), “fiori nello spazio”, rappresenta immagini astratte contrapposte alla realtà. (Nel cap. 42, Kuge, i fiori nello spazio e i fiori reali sono identificati.) ↩
106 Il Maestro Ryūge Koton (835–923), successore del Maestro Tōzan Ryōkai, visse sul monte Ryūge e compose molte poesie in lode della bellezza naturale del paesaggio. ↩
107 Si dice che il Maestro Mahākāśyapa, successore del Buddha, sia morto sul monte Kukkuṭapāda, nel Magadha. ↩
108 L’era Karoku durò dal 1225 al 1227. Il Maestro Dōgen tornò in Giappone alla fine dell’estate del 1227 e scrisse la sua prima bozza del Fukan-zazengi (Guida universale al metodo standard di Zazen) poco dopo. Questa versione iniziale è chiamata 真筆本 (SHINPITSU-BON), ovvero “l’Edizione Originale”. Dopo averla rivista, il Maestro Dōgen giunse infine alla 流布本 (RUFU-BON), ovvero “l’Edizione Popolare”. Vedi Appendice. ↩
109 Il 15° giorno dell’ottavo mese lunare, 1231. ↩
110 Monaco (vedi Glossario). ↩
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