Biografia
DESHAN XUANJIAN (Cinese tradizionale: 德山宣鑒; Wade–Giles: Te-shan Hsuan-chien; Pinyin: Déshān Xuānjiàn; Giapponese: Tokusan Senkan) fu discepolo di Longtan Chongxin. Proveniva dall’antica provincia di Jian (nel nord dell’odierna provincia del Sichuan). Da giovane studiò a fondo le regole del Vinaya e divenne un’autorità sul Sutra del Diamante. Per questo si guadagnò il soprannome di «Zhou del Diamante».
Aneddoti
1
Deshan disse ai suoi compagni di pratica: «È come una piuma che cade nell’oceano: la natura dell’oceano resta immutata. È come lanciare un seme contro una lama affilata: la lama non ne viene scalfita. Che uno studi o meno, solo lui stesso lo sa».
Più tardi, quando Deshan sentì che la scuola meridionale dello Zen stava fiorendo, inveì contro di essa, dicendo: «Coloro che lasciano la vita familiare possono studiare il grande significato del Buddhismo per mille kalpa e trascorrere altri diecimila kalpa nella pratica buddhista più minuziosa, e tuttavia non diventeranno Buddha. Come osano quei demoni del sud dire che semplicemente indicando la mente umana si possa vedere la natura propria e ottenere la buddhità? Andrò a trascinarli fuori dalle loro caverne e sterminerò la loro stirpe, ripagando così la gentilezza del Buddha!»
Con copie dei Commentari di Qinglong sulle spalle, Deshan partì da Min.1 Viaggiando lungo la strada di Liyang incontrò una vecchia che vendeva dim sum. Fermandosi a riposare, Deshan comprò un piccolo pasto.
La vecchia indicò il suo fagotto e chiese: «Che libri sono quelli?»
Deshan rispose: «Sono i Commentari di Qinglong».
La vecchia chiese: «Su quale sutra si soffermano?»
Deshan rispose: «Sul Sutra del Diamante».
Allora la vecchia disse: «Ho una domanda per te. Se rispondi correttamente, ti offrirò il raviolo. Se non sai rispondere, dovrai andare altrove. Nel Sutra del Diamante si dice: “La mente passata non può essere afferrata. La mente presente non può essere afferrata. La mente futura non può essere afferrata”. Voglio sapere, monaco, quale mente stai rivelando in questo momento?»2
Deshan rimase senza parole.
Deshan andò quindi a incontrare Longtan. Arrivato nella sala del Dharma disse: «Da lungo tempo ho sentito parlare di Longtan [in cinese, “Palude del Drago”]. Ma arrivando qui non ho visto alcuna palude, né alcun drago da vedere».
Longtan disse: «Ora hai visto la Palude del Drago».
Deshan non disse nulla e rimase lì.
Una sera, mentre Deshan faceva visita a Longtan nella sua stanza, Longtan disse: «Si sta facendo tardi. Ora dovresti andare».
Deshan salutò e si avviò verso l’uscita. Poi si voltò e disse: «Fuori è buio».
Longtan accese una candela di carta e la porse a Deshan. Proprio mentre Deshan stava per prenderla, Longtan la spense. In quell’istante Deshan ebbe una grande illuminazione. Poi si inchinò profondamente.
Longtan disse: «Che cosa hai visto?»
Deshan disse: «Da questo giorno in avanti, non dubiterò mai più delle parole del vecchio monaco sotto il cielo [il Buddha]».
Il giorno seguente, Longtan entrò nella sala e si rivolse ai monaci dicendo: «Tra voi c’è un uomo i cui denti sono come un albero di spade e la cui bocca è come una ciotola di sangue. Colpirlo con il bastone non gli farà girare la testa. Un giorno salirà su una cima solitaria e lì attesterà ciò che ho detto!»
Deshan allora pose i suoi commentari in una pila davanti alla sala del Dharma. Sollevando una candela disse: «Tutte le dottrine misteriose non sono che un granello di polvere in un vuoto sconfinato. Tutti i grandi affari del mondo non sono che una goccia d’acqua gettata in un abisso senza fine».
Deshan diede quindi fuoco ai libri.
Deshan rese omaggio a Longtan e si diresse verso il monte Gui [il monastero del maestro zen Guishan Lingyou]. Lì, Deshan si recò direttamente nella sala del Dharma dove, con la veste da viaggio infilata sotto il braccio, entrò e camminò dapprima da ovest a est, poi da est a ovest.
Quindi si rivolse all’abate [Guishan] e disse: «È qui? È qui?»
Guishan allora si sedette in meditazione senza prestare particolare attenzione a Deshan.
Deshan disse: «No! No!»
Deshan uscì quindi dalla sala e si diresse verso il cancello del monastero. Giunto al cancello si fermò e disse: «Anche se è così, non dovrei essere così rozzo».
Deshan tornò quindi a vedere Guishan con il dovuto decoro.
Entrando dalla porta della sala, Deshan sollevò un cuscino e disse: «Maestro!»
Guishan stava per sollevare il suo scacciamosche quando Deshan improvvisamente gridò, scosse le maniche e uscì.
Quella sera Guishan disse al monaco capo: «Quel tale che è venuto oggi è ancora qui oppure no?»
Il monaco capo rispose: «Quando è uscito dalla sala del Dharma si è messo i sandali ed è partito».
Guishan disse: «In seguito questo discepolo andrà a costruire una capanna d’erba su una cima solitaria, dove insulterà i Buddha e maledirà gli antenati».
2
Il maestro zen Deshan Xuanjian entrò nella sala e si rivolse ai monaci dicendo: «Se non avete faccende dell’io, allora non avete brama illusoria. Ciò che si ottiene tramite la brama illusoria non è veramente ottenuto. Se non avete faccende nella vostra mente, né mente nelle vostre faccende, allora siete senza occupazione eppure vitali, vuoti e meravigliosi. Ma se vi lasciate deviare da questo stato retto, tutte le parole vi inganneranno. Perché?»
«Quando siete vincolati anche solo dal più piccolo pensiero, siete già entrati nei reami infernali. Basta un istante della vostra vita impulsiva e sarete strettamente incatenati per diecimila kalpa. Le parole “sacro” e “ordinario” non sono che vuote chiacchiere. Le apparenze di “superiore” e “inferiore” non sono che illusioni. Se vi affannate costantemente per queste cose, non finirete esausti? Se vi logorate in questo modo, sarà un disastro. Il risultato non può essere buono».
3
Un monaco chiese a Deshan: «Che cos’è la bodhi?»
Deshan lo colpì e disse: «Fuori! Non defecare qui!»
Il monaco chiese: «Che cos’è il Buddha?»
Deshan disse: «Un vecchio mendicante in India».
4
Xuefeng Yicun chiese al maestro zen Deshan: «Posso comprendere il grande insegnamento degli antichi oppure no?»
Deshan colpì Xuefeng e disse: «Che cosa?»
Xuefeng disse: «Non capisco».
Il giorno seguente Xuefeng tornò per ricevere istruzioni.
Deshan disse: «Il mio insegnamento non ha né parole né frasi. In verità è privo di un Dharma che possa essere trasmesso ad altri».
A queste parole Xuefeng ebbe l’illuminazione.
Quando Yantou lo seppe disse: «La spina dorsale del vecchio Deshan era dura come il ferro. Non poteva essere piegata. Eppure, entro la sua porta del Dharma vi sono parecchi discepoli».
5
Deshan disse ai monaci: «Se parlate, ricevete trenta colpi. Se non parlate, ricevete trenta colpi».
Quando Linji Yixuan lo udì, disse a Luopu: «Va’ da lui e chiedigli: “Se parlo, perché ricevo comunque trenta colpi?” Quando ti colpisce, afferra il bastone e dagli una spinta. Poi guarda cosa fa».
Seguendo le istruzioni di Linji, Luopu andò a interrogare Deshan. Deshan lo colpì. Luopu afferrò il bastone e lo spinse. Deshan tornò nella sua stanza.
Luopu tornò e raccontò questi fatti a Linji, che disse: «Un tempo avevo dei dubbi su quell’uomo. Nonostante ciò che è accaduto, hai visto Deshan oppure no?»
Luopu esitò, senza sapere cosa dire. Linji lo colpì. (Yantou disse: «Il vecchio Deshan di solito si affidava solo a un bastone bianco. Se veniva il Buddha, lo colpiva. Se veniva un antenato, lo colpiva. E nondimeno ebbe molti discepoli».)
6
Deshan disse ai monaci: «Non appena domandate, avete già sbagliato. Se non domandate, avete comunque sbagliato».
Un monaco si fece avanti e si inchinò. Deshan lo colpì.
Il monaco disse: «Mi sono solo inchinato. Perché mi hai colpito?»
Deshan disse: «A cosa servirebbe aspettare che aprissi bocca?»
7
Deshan entrò nella sala e si rivolse ai monaci dicendo: «Io non aderisco a una qualche visione sugli antenati. Qui non ci sono né antenati né buddha. Bodhidharma è un vecchio straniero puzzolente. Shakyamuni è un pezzo di escremento secco. Mañjushrī e Samantabhadra sono portatori di sterco. Ciò che è detto “realizzare il mistero” non è altro che sfondare per agguantare la vita di una persona comune. “La bodhi” e “il nirvana” sono il palo di legatura di un asino. Le dodici divisioni del canone scritturale sono testi di demoni; soltanto carta per pulire ulcere infette. Le quattro fruizioni e i tre stati virtuosi, la mente originaria e i dieci stadi, sono soltanto fantasmi guardiani di cimiteri.3 Non vi salveranno mai».
8
Un monaco venne a trovare Deshan. Avvicinandosi a lui, si mise in posa come per colpirlo.
Deshan disse: «Perché non ti sei inchinato? Dovresti ricevere un colpo dal bastone di questo monaco di montagna!»
Il monaco scosse le maniche e iniziò a uscire.
Deshan disse: «Anche se te lo concedo, resta comunque solo metà».
Il monaco si voltò e gridò.
Deshan lo colpì e disse: «Devo colpirti perché accada».
Il monaco disse: «In ogni direzione ci sono persone dagli occhi chiari».
Deshan disse: «In tutta la natura c’è l’occhio».
Il monaco spalancò gli occhi e disse: «Gatto!»
Poi il monaco uscì.
Deshan disse: «In tremila anni il Fiume Giallo scorre limpido una sola volta».
9
Un monaco chiese: «C’è molta differenza tra sacro e ordinario?»
Deshan gridò.
Poiché Deshan si era ammalato, un monaco chiese: «C’è qualcuno che non è malato?»
Deshan disse: «Sì».
Il monaco chiese: «E colui che non è malato?»
Deshan gridò: «Aagh! Aagh!»
10
Deshan diede un ultimo ammonimento alla sua comunità, dicendo: «Brancolare dietro ciò che è vuoto e inseguire echi affaticherà soltanto la mente e lo spirito. Al di là del risveglio da un sogno, e poi andando oltre questo risveglio, quali questioni rimangono?»
Dopo aver detto ciò, Deshan si sedette pacificamente e si spense. Era il terzo giorno del dodicesimo mese lunare dell’anno [865]. Ricevette il nome postumo di «Maestro Zen Contempla la Natura del Sé».
Note
1 I Commentari di Qinglong erano celebri copie annotate della dinastia Tang del Sutra del Diamante, redatte dai monaci Dao Yin e Fengxuan Zongzhao del Tempio di Qinglong. ↩
2 Parte del significato di questo racconto deriva da un gioco di parole cinese sul termine «dim sum» (mandarino, dian xin). «Dim sum» ha il significato generico di piccolo spuntino, ma significa anche «toccare la mente» o «rinfrescare la mente». Secondo una spiegazione, l’espressione si sarebbe evoluta dalla sua origine zen fino a indicare «mettere qualcosa in uno stomaco vuoto». ↩
3 Questi termini descrivono vari stadi dottrinali dello sviluppo verso la buddhità. ↩