Biografia
JIASHAN SHANHUI (Cinese Tradizionale: 嘉山善會; Wade-Giles: Chia-shan Shan-hui; Pinyin: Jiāshān Shànhuì; Giapponese: Kashan Zen’e) fu un discepolo di Chuanzi Decheng (il Monaco della Barca). Dopo aver preso i voti monastici all’età di vent’anni, si dedicò allo studio dei sutra. In seguito incontrò il maestro Zen Daowu Yuanzhi, che gli consigliò di recarsi da Chuanzi Decheng. Sebbene la comprensione del Buddhismo di Jiashan fosse già profonda, non raggiunse il pieno risveglio fino al suo incontro con Decheng nel famoso episodio di Huating. Da allora fu riconosciuto come erede del Dharma di Chuanzi Decheng. Jiashan Shanhui fu il primo maestro Zen noto per aver associato intimamente lo Zen al bere il tè. Descriveva tale unità con le parole: «Zen e tè, un solo sapore».
Aneddoti
1
Il maestro Zen Jiashan Shanhui era originario di Guangzhou. Il suo cognome era Liao. Lasciò la casa in giovane età e fu ordinato monaco. Studiò i sutra e i commentari e praticò a fondo i tre grandi studi — i precetti, la meditazione e la saggezza. In seguito, quando uscì nel mondo [a predicare], risiedette a Helin, nella provincia di Run. Su esortazione di Daowu andò a trovare il Monaco della Barca, Chuanzi Decheng, dal quale ricevette pienamente l’insegnamento, senza la minima lacuna. Onorando le istruzioni del suo maestro, abbandonò il mondo e visse in ritiro tra le montagne. Numerosi discepoli giunsero a studiare con lui, e le loro capanne di paglia erano sparse [senza ordine]. Dalla mattina alla sera studiavano con il maestro. Nell’anno 870 l’assemblea si trasferì sul Monte Jia, dove costruirono un tempio.
2
Un giorno, Jiashan entrò nella sala e si rivolse ai monaci dicendo: «Fin dai tempi degli antichi patriarchi ci sono stati coloro che hanno frainteso ciò che è stato trasmesso. Ancora oggi si usano le parole dei Buddha e degli antenati come modelli di studio. Chi fa così impazzirà e non avrà alcuna saggezza. I Buddha e gli antenati vi hanno insegnato che la radice senza Dharma è la Via. La Via è priva persino di un singolo Dharma. Non c’è alcun Buddha che possiate diventare. Non c’è alcuna Via che possa essere raggiunta. Né vi è alcun Dharma che possa essere afferrato o abbandonato. Per questo gli antichi dissero: “Davanti agli occhi non c’è Dharma, ma il significato è davanti agli occhi”. Coloro che vogliono studiare i Buddha e gli antenati non hanno aperto gli occhi. Perché vogliono sottomettersi a qualcos’altro e non ottenere la propria libertà? In fondo è perché sono confusi riguardo alla vita e alla morte. Rendendosi conto di non avere neppure un briciolo di libertà, percorrono migliaia di li per cercare un grande maestro. Queste persone devono ottenere il vero occhio, non passare il tempo ad afferrare e scartare visioni illusorie. Ma vi è forse qualcuno tra voi, di autentica realizzazione, che possa davvero parlare con certezza di esistenza e non esistenza? Se c’è qualcuno che ne è certo, lo invito a parlare.»
«Le persone di alta capacità, udendo queste parole, ne comprendono immediatamente il senso. Quelle di capacità media o bassa continuano a correre qua e là. Perché non affrontate direttamente la vita e la morte? Non ditemi che volete ancora che i Buddha e gli antenati vivano e muoiano al vostro posto! Chi comprende riderà di voi.»
«Se ancora non lo capite, allora ascoltate questo verso:
Affaticarsi tra vita e morte,
Cercando soltanto il regno del Buddha,
Confusi davanti alla verità che è sotto gli occhi,
Rimestare il fuoco per cercare un luogo fresco.»
3
Un monaco chiese: «Agli insegnamenti dei Buddha e degli antenati è sempre stato attribuito un significato. Perché il maestro dice che non ve n’è alcuno?»
Jiashan rispose: «Non mangiare per tre anni e non vedrai nessuno affamato.»
Il monaco disse: «Se nessuno ha fame, perché non posso ottenere il risveglio?»
Jiashan disse: «Perché il risveglio ti ha confuso.»
Quindi recitò questo verso per chiarire il suo punto:
Chiaro e luminoso, nessun Dharma del risveglio,
Il risveglio confonde gli esseri.
In paradiso con due piedi e due occhi,
Nulla di falso e nulla di vero.
4
Jiashan entrò nella sala e disse ai monaci: «Vivo su questa montagna da vent’anni, e per tutto questo tempo non ho mai pronunciato una sola parola sull’insegnamento essenziale dello Zen.»
Un monaco chiese: «Il maestro intende dire che siete qui da vent’anni e non avete mai parlato della questione centrale dello Zen?»
Jiashan rispose: «Sì.»
Uno dei monaci allora rovesciò la piattaforma di meditazione.
Jiashan smise di parlare e uscì.
Il giorno seguente convocò tutti i monaci. Scavò una fossa e ordinò al suo assistente di chiamare il monaco che aveva rovesciato la piattaforma il giorno prima.
Rivolgendosi al monaco, Jiashan disse: «Per vent’anni ho parlato invano. Oggi ti invito a uccidermi e a seppellirmi in questa fossa. Fallo! Fallo! Se non puoi uccidermi, allora uccidi te stesso e seppellisciti in questa fossa!»
Il monaco tornò nella sala dei monaci, fece la sua borsa e se ne andò silenziosamente.
5
Il settimo giorno dell’undicesimo mese [dell’anno 881], Jiashan convocò i suoi principali discepoli e disse: «Per molti anni ho parlato a lungo. Quanto al Buddhadharma, ciascuno di voi deve conoscerlo da sé. Ora non sono che una forma vuota. Il mio tempo è giunto e devo andarmene. Prendetevi cura dell’insegnamento come se fossi ancora qui. Non siate come la gente del mondo, non affliggetevi dopo la mia partenza.»
Dopo aver pronunciato queste parole, Jiashan morì serenamente. Le sue reliquie furono custodite in uno stupa eretto sulla montagna. Ricevette il nome postumo di «Grande Maestro che Trasmette la Chiarezza».