Così ho udito: Una volta il Bhagavan dimorava vicino a Shravasti nel Giardino di Anathapindada, nella Foresta di Jeta, insieme all’intera assemblea di 1250 bhikshu e a un gran numero di intrepidi bodhisattva. Un giorno, prima di mezzogiorno, il Bhagavan indossò la sua veste rattoppata, prese la sua ciotola ed entrò nella capitale di Shravasti…
Dal Dizionario
cīvara
Pronunce
In pāli e sanscrito, “veste monastica”; termine generico che indica le vesti indossate da monaci e monache buddhisti, dalle novizie e dai novizi, nonché dalle probationarie. Il cīvara può essere confezionato in cotone, lana, lino o seta. In origine, la veste doveva essere ricavata da stracci abbandonati nelle discariche (pāṃsukūla) oppure da sudari funerari; in seguito il Buddha modificò la regola consentendo ai monaci di accettare anche stoffe offerte dai laici.
Un corredo completo di vesti monastiche comprende tre abiti (tricīvara): la veste esterna più ampia (saṃghāṭī), la veste superiore (uttarāsaṃga) e la veste inferiore o panno da cintura (antarvāsas). L’antarvāsas è la più piccola delle tre: solitamente a singolo strato, è indossata intorno alla vita e copre il corpo dall’ombelico fino a metà del polpaccio. L’uttarāsaṃga viene portata sopra una o entrambe le spalle, a seconda che ci si trovi all’interno o all’esterno del monastero, ed è sufficientemente grande da coprire il corpo dal collo a metà del polpaccio; anch’essa è normalmente a strato singolo. La saṃghāṭī, o veste esterna, ha dimensioni analoghe all’uttarāsaṃga ma consiste di norma in due strati di stoffa ed è anch’essa indossata su una o entrambe le spalle.
La saṃghāṭī doveva essere confezionata a partire da pezze cucite insieme, in numero variabile da nove a venticinque a seconda della recensione del vinaya; questa struttura a riquadri è tradizionalmente fatta risalire ai campi coltivati del Magadha che il Buddha avrebbe osservato. Tutte e tre le vesti devono essere tinte in un colore “impuro”, interpretato come una gamma che va dal giallo zafferano tendente al rossiccio o al bruno fino a tonalità ocra (cfr. kāṣāya).
Le vesti costituiscono uno dei quattro requisiti fondamentali (niśraya) della vita monastica, insieme, ad esempio, alla ciotola per l’elemosina e all’alloggio, e sono al centro della cerimonia del kaṭhina, durante la quale alla fine del ritiro della stagione delle piogge (varṣā) vengono offerte ai monastici stoffe per la confezione di nuove vesti.
"The Princeton Dictionary of Buddhism"