Così ho udito: Una volta il Bhagavan dimorava vicino a Shravasti nel Giardino di Anathapindada, nella Foresta di Jeta, insieme all’intera assemblea di 1250 bhikshu e a un gran numero di intrepidi bodhisattva. Un giorno, prima di mezzogiorno, il Bhagavan indossò la sua veste rattoppata, prese la sua ciotola ed entrò nella capitale di Shravasti…
Dal Dizionario
bodhisattva
Pronunce
In sanscrito, letteralmente “essere dell’illuminazione”. L’etimologia è incerta, ma il termine viene comunemente spiegato come “un essere (sattva) determinato a conseguire l’illuminazione (bodhi)”, ossia un essere che ha preso la risoluzione di diventare un Buddha. Nelle scuole buddhiste antiche, il Buddha si riferisce a se stesso, nelle sue molte vite precedenti all’illuminazione, come a un bodhisattva; il termine è quindi generalmente riservato al Buddha storico prima del suo risveglio. Nelle tradizioni del Mahāyāna, invece, bodhisattva indica qualunque essere che abbia deciso di generare la bodhicitta e di seguire il veicolo dei bodhisattva (bodhisattvayāna) verso il conseguimento della buddhità.
Questo uso mahāyānico del termine compare per la prima volta nell’Aṣṭasāhasrikāprajñāpāramitā, considerato uno dei più antichi sūtra del Mahāyāna, suggerendo che tale accezione fosse già in uso almeno dal I secolo a.C. Le scuole differiscono sulla durata e sulle tappe del percorso del bodhisattva (mārga), ma concordano in generale sul fatto che esso si estenda su un numero immenso di vite — secondo molte esposizioni, tre eoni incalcolabili (asaṃkhyeyakalpa) — durante i quali il bodhisattva sviluppa virtù specifiche chiamate “perfezioni” (pāramitā) e avanza attraverso una serie di stadi (bhūmi).
Sebbene tutte le tradizioni concordino sul fatto che il bodhisattva sia motivato dalla “grande compassione” (mahākaruṇā) e miri a conseguire la buddhità nel modo più rapido possibile, la letteratura occidentale descrive spesso il bodhisattva come colui che rimanda la propria illuminazione per salvare tutti gli esseri dalla sofferenza. Questa descrizione è rilevante soprattutto per le scuole antiche, nelle quali un praticante, pur potendo raggiungere più rapidamente l’illuminazione di un arhat, sceglie invece il cammino più lungo del bodhisattva per ottenere, in un futuro lontano, la suprema illuminazione di un Buddha. Nel Mahāyāna, invece, il nirvāṇa dell’arhat è considerato inferiore alla buddhità: il bodhisattva, quindi, non rimanda nulla, ma si sforza di realizzare la buddhità il più rapidamente possibile.
Sia nelle scuole antiche sia nel Mahāyāna, il bodhisattva trascorre la penultima vita nel cielo di Tuṣita, per poi rinascere un’ultima volta come Buddha e ristabilire il Dharma nel mondo. Maitreya è il bodhisattva destinato a succedere alla dispensazione (śāsana) del Buddha attuale, Gautama o Śākyamuni; egli dimora nel cielo di Tuṣita in attesa che maturino le condizioni per la sua ultima rinascita.
Nella tradizione Mahāyāna, molti bodhisattva sono descritti come dotati di poteri pari o persino superiori a quelli dei Buddha e incarnano specifiche qualità spirituali, come Avalokiteśvara (compassione), Mañjuśrī (saggezza), Vajrapāṇi (potenza) e Samantabhadra (pratica vasta). Nella letteratura occidentale, queste figure sono talvolta chiamate “bodhisattva celesti”. In Corea, infine, il termine posal designa anche donne laiche residenti nei monasteri, che svolgono mansioni di servizio come cucinare, conservare il cibo o fare il bucato, spesso vivendo stabilmente nel monastero stesso.
"The Princeton Dictionary of Buddhism"